Strage di Bologna, due Dna nella bara di Maria Fresu

Clamorosa svolta nelle indagini. Dalle analisi emerge che i reperti appartengono entrambi a donne: è la vittima numero 86?

Il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna morirono 85 persone

Il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna morirono 85 persone

Bologna, 6 settembre 2019 - C'è quel che resta di due donne nella tomba di Maria Fresu. Due diversi Dna. A dirlo è la perizia sui resti della donna, morta a 24 anni nella strage di Bologna (foto) il 2 agosto 1980, condotta dal perito della Corte, la dottoressa Elena Pilli, richiesta all’interno del processo bis che vede imputato, con l’accusa di concorso in strage, l’ex Nar Gilberto Cavallini.

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Un esito che potrebbe dare finalmente risposta al mistero dell’ottantaseiesima vittima della strage, la donna cercata per mesi perché nulla del suo cadavere era stato trovato dai soccorritori tra le macerie della stazione, fino a convincere gli inquirenti dell’epoca che il suo corpo fosse stato disintegrato dalla deflagrazione. Un mistero che si fa oggi ancora più grande. Per la difesa dei tre ex Nar condannati come esecutori materiali della strage (Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) quei brandelli di corpo rappresentano da sempre un modo per coprire chi davvero ha messo la bomba.

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IL PROCESSO BIS E LE INDAGINI SUI MANDANTI

Per questo, nel corso del processo bis l’avvocato Gabriele Bordoni (che difende l’ex terrorista nero assieme ad Alessandro Pellegrini) ha chiesto una perizia sui resti custoditi nella tomba della mamma sarda. Lo scopo è capire se sia possibile che il suo corpo sia stato completamente polverizzato nella deflagrazione, una circostanza ritenuta impossibile dal perito esplosivista Danilo Coppe; e soprattutto per capire se quel lembo di viso e gli altri frammenti ritrovati tra le macerie e attribuiti alla donna fossero davvero suoi, venendo raccolta questa sua stimolazione dalla Corte d’Assise.

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La prima verità arrivata dalla perizia affidata alla dottoressa Pilli, biologa genetico forense del dipartimento di Biologia evoluzionistica dell’Università di Firenze e capitano dei Ris, è sconcertante: nella bara della Fresu, sepolta nel cimitero di Montespertoli, vicino Firenze, ci sono due dita appartenenti a un corpo di donna e parte del viso e altri resti riconducibili a un’altra persona, sempre di sesso femminile. Ossia quel lembo facciale che, quasi a forza, fu attribuito alla Fresu (il gruppo sanguigno della donna era 0, quello rintracciato sul resto A), un piccolo scalpo con una chioma nera e un frammento di mandibola in prossimità del mento con alcuni denti.

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Questa mattina – spiega l’avvocato Bordoni – verrà estratto dai congiunti di Maria Fresu un tampone salivare e verrà comparato quanto se ne estrarrà con il Dna di entrambi i resti analizzati ieri. Si metterà così un primo punto fermo su questa vicenda che per noi riapre tutte le alternative investigative sugli esecutori materiali della strage finora rimaste lettera morta. La pista palestinese, quella dei servizi segreti americani oggetto di quelle rivelazioni di Carlos che non sono state finora raccolte. Il corpo della Fresu, che non si trovava neppure vicinissima alla valigia, è stato portato via nella fretta di nascondere qualcosa o qualcuno? Magari il vero esecutore della strage? Dov’è finito il femore che venne allora riferito alla Fresu ed ora non si è trovato sepolto assieme agli altri resti?". Domande a cui si inizierà a rispondere nella prossima udienza del processo, il 23 settembre. La perizia verrà depositata il 20 settembre prossimo, mentre il 23 è fissata la prossima udienza del processo a carico di Gilberto Cavallini

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