Strage Salvemini Casalecchio: amici per sempre. Storia di Matteo e Dario, morto 31 anni fa

Gaggi ricorda il legame speciale con una delle 12 vittime: "Eravamo sempre insieme. E ora mio figlio ha il suo stesso nome"

Da sinistra, Matteo Gaggi e Dario Lucchini

Da sinistra, Matteo Gaggi e Dario Lucchini

Bologna, 6 dicembre 2021 - "Dal giorno della strage, il 6 dicembre 1990, ogni anno vado a posare una rosa bianca sul campo di calcio dell’Antistadio a Bologna. Dario per me è ancora lì, su quel prato verde dove andavamo a giocare infinite partite di allenamento, un prato verde ora intitolato a lui". Matteo Gaggi era il miglior amico di Dario Lucchini, una delle dodici vittime della strage del Salvemini di Casalecchio. Con Dario, oggi, nella cittadina sul Reno viene commemorato con una serie di iniziative il 31esimo anniversario della scomparsa di Deborah Alutto, Sara Baroncini, Tiziana de Leo, Elisabetta Patrizi, Alessandra Venturi, Laura Corazza, Elena Righetti, Laura Armaroli, Carmen Schirinzi, Antonella Ferrari e Alessandra Gennari, i quindicenni falcidiati nell’aula della loro scuola in via del Fanciullo, sulla quale cadde un aereo militare andato in avaria durante un volo di addestramento.

Salvemini, l’ora di memoria e solidarietà Matteo Gaggi oggi ha 47 anni, un negozio di articoli da collezionismo (stilografiche, giocattoli e oggetti vintage) in via Andrea Costa e un figlio di 9 che si chiama proprio come il suo amico, Dario . "Avevo un anno in più di Dario – rivela – lui faceva il Salvemini, io frequentavo l’Itis Belluzzi, alla Barca. Il 6 dicembre 1990 nella mia scuola c’era un’assemblea e all’improvviso abbiamo visto l’aereo che cadeva verso Casalecchio. Con la mia bici mi sono precipitato sul luogo dell’incidente per saperne qualcosa di Dario". Che ragazzo era Dario Lucchini? Quali erano le sue passioni? "Dario era solare e aveva una risata contagiosa. Abitavamo a 50 metri l’uno dall’altro, in via Treves alla Funivia. Il suo sogno era quello di giocare nel Bologna Calcio 1909. Nell’estate del ’90 vivemmo intensamente i Mondiali di Calcio giocati in Italia e anche a Bologna. Andammo a vedere le partite al Dall’Ara e a seguire gli allenamenti della squadra degli Emirati Arabi al centro sportivo della Barca. Spesso facevamo le vacanze insieme, al centro sportivo La Torretta di Pavia. Memorabile il torneo che vincemmo a Pietracolora di Gaggio Montano, dove battemmo per 8 a 7 il Gabba. Sembrava che avessimo vinto i mondiali di calcio". Qual è l’ultimo ricordo che ha di Dario Lucchini? "Il giorno prima della sua morte, il 5 dicembre 1990, venne a casa mia per riportarmi indietro un quaderno che gli avevo prestato e sul quale avevo riassunto tutti i capitoli dei Promessi Sposi. Non ne avevo più bisogno e interpretai quel gesto come una specie di ultimo saluto. ‘Non so se domani vado a scuola’, mi disse. Era indeciso. Invece, ci andò e non è più tornato". Per questo ha voluto chiamare suo figlio Dario? "Non è stata una scelta intenzionale. Non ci pensavo nemmeno. Con mia moglie Federica Strazzari cercavamo un nome breve e italiano. D’istinto le chiesi: ‘E se lo chiamassimo Dario?’. ‘Perché no!’, mi ha risposto". Quante volte ha partecipato alle commemorazioni del Salvemini? "Ai funerali i genitori di Dario mi vollero a fianco. Poi sono rimasto sempre in disparte, perché non conoscevo nessuno del Salvemini. Finchè lo scorso anno non ho potuto fare a meno di essere presente alla piantumazione nel parco Zanardi dei dodici alberi dedicati alle dodici vittime del Salvemini. In quel parco alla Croce di Casalecchio avevo passato tanti pomeriggi a giocare con Dario. Incredibile per me la gara di affetto e solidarietà verso il Salvemini scoperta con la lunga diretta Facebook del 6 dicembre dello scorso anno. Da quest’anno ho deciso di non voler più mancare a questo appuntamento".

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