Strage di Ustica, esposto in Procura: "Dc9, sequestrare il relitto"

Oggi l’associazione ’Per la verità’ depositerà il documento ad Amato Cavazza: "Nuovi accertamenti tecnici sui reperti. Trovare autori e mandanti"

La carcassa del Dc9 Itavia oggi esposta nel museo cittadino della memoria

La carcassa del Dc9 Itavia oggi esposta nel museo cittadino della memoria

Bologna, 25 giugno 2022 - Il relitto del Dc9 Itavia deve essere "sequestrato" e sottoposto a nuovi "accertamenti tecnico-scientifici" per arrivare alla totale verità sulla tragedia del 27 giugno 1980. Ustica. Una richiesta, sottoforma di copioso esposto, che verrà depositata oggi nelle mani del procuratore capo Giuseppe Amato. Sedici pagine, più oltre mille di allegati, firmate dalla presidente dell’associazione ‘Per la Verità su Ustica’ Flavia Bartolucci, e la presidente onoraria Giuliana Cavazza, che nella tragedia del Dc9 Itavia – partito da Bologna e diretto a Palermo che si inabissò tra Ponza e Ustica, provocando 81 morti – perse la madre, Anna Paola Pelliccioni. Una richiesta che, qualora venisse accolta, avrebbe del clamoroso.

Autori e mandanti. A quasi 42 anni (lunedì) dalla strage resta accesa la luce su Ustica. Con annesse polemiche. Vero, manca ancora un ampio pezzo di verità. Mancano i colpevoli, chi ha voluto quell’insensata carneficina. Ma soprattutto cosa l’ha provocata, con sentenze penali e civili che parlano, ad oggi, lingue diverse. Come le due associazioni contrapposte: da una parte il ’partito’ dell’esplosione a bordo, la bomba, dall’altra quello dell’evento esterno, un missile o uno schianto con un aereo militare (verità ritenuta più credibile e avallata dalla sentenza del 10 luglio 2017 con la condanna dei ministeri di Difesa e Trasporti a pagare 100 milioni alle famiglie, ndr ). "Gli accertamenti tecnici nella fase istruttoria e confermati in fase dibattimentale – così l’esposto di Cavazza e Bartolucci – hanno consentito di accertare che l’unica ipotesi tecnicamente sostenibile era quella dell’esplosione interna attribuibile a una bomba".

"Un ordigno". Si fa riferimento a perizie (in particolare quella di Aurelio Misti), relazioni, sentenze. Si citano "tracce di esplosivo rinvenute (T4 e Tnt)" corrispondenti "a una miscela utilizzata negli attentati terroristici, come quello alla stazione di Bologna". E, sempre secondo l’esposto, sarebbe "stato escluso che nel caso di scoppio di missile esse possano essere veicolate dall’esterno all’interno del velivolo". Poi le "condizioni di sicurezza dell’aeroporto di Bologna", definitive "inesistenti". "Nessun controllo sui bagagli, solo due uomini in tutto l’aeroporto, gli aerei rimanevano incustoditi". Non solo. Nella toilette di bordo, "accanto al motore destro che si è staccato per primo, sono stati ritrovati segni, sia pure non primari, di esplosione". L’ipotesi "esplosione interna", inoltre, "trova conferma nelle trascrizioni dibattimentali" e "ne parlarono il presidente Francesco Cossiga e l’onorevole Giuseppe Zamberletti".

"Sequestrate il Dc9". Nel documento si tirano in ballo anche le cosiddette informative di Beirut con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina (FPLP) "che dopo sette anni intende riprendere la propria libertà di azione nei confronti dell’Italia, dei suoi cittadini e interessi con operazione che potrebbero coinvolgere anche innocenti". Ebbene, così ancora l’esposto, "le 81 vittime innocenti potrebbero essere proprio la concretizzazione del rischio paventato nelle predette informative".

Da qui la richiesta alla Procura di "svolgere ogni accertamento ancora utile per individuare autori e mandanti" e "tutti i soggetti che hanno concorso, anche tramite condotte attive e omissive che hanno agevolato la commissione della strage". Per farlo ecco la clamorosa richiesta: "Sottoporre a sequestro il relitto del Dc9, allo stato affidato in custodia al Comune ed esposto nel Museo della memoria". Non solo. Accertamenti tecnici, "che il progresso scientifico consente", dovranno essere effettuati anche "sugli ulteriori reperti conservati nell’archivio dell’Assise di Roma".

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