Studente arrestato in Egitto, nuovo flash mob a Bologna. "Zaky non sia lasciato solo"

Continua in città la mobilitazione per il giovane dell'Unibo: in 200 in piazza Scaravilli. Sale la tensione, l'Ue segue il caso. La petizione di Amnesty

Flashmob 'Free Patrick' (foto Schicchi)

Flashmob 'Free Patrick' (foto Schicchi)

Bologna, 10 febbraio 2020 - Da Piazza Scaravilli la folla di studenti, rappresentanti di associazioni e collettivi tornano a farsi sentire per la libertà di Patrick Zaky, attivista e ricercatore egiziano di 27 anni, iscritto a un master dell'Università di Bologna, arrestato nei giorni scorsi all'arrivo all'aeroporto del Cairo. E' accusato dall'Egitto di istigazione alle proteste contro Al Sisi e diffusione di notizie false. E attorno alla sua situazione, ora dopo ora, cresce la preoccupazione. E' stato posto in custodia cautelare per 15 giorni.

Ecco il contenuto dell’appello: "Il mondo accademico deve attivarsi affinché Patrick non venga lasciato solo - segnalano, a gran voce, gli studenti -. Siamo qui per lanciare un messaggio a tutta la comunità accademica, non sono all’Alma Mater". Quello che è successo a Zaky, continuano i colleghi del 27enne egiziano, "è chiaro che sia un attacco all’autonomia della ricerca, crediamo che gli Atenei di Italia si debbano riunire per chiedere verità".

Patrick George Zaky, studente dell'università di Bologna arrestato in Egitto (Ansa)

Dopo il flash mob di ieri in Piazza Maggiore (video), in 200 si sono riuniti, prima nel silenzio degli cartelloni ‘Free Patrick’ e poi in un coro ‘Patrick libero’, nel presidio organizzato da Link - Studenti indipendenti e Adi nel cuore della cittadella universitaria. E, con i manifesti di Giulio Regeni (ricercatore italiano scomparso nel 2016) ancora appesi, ormai scoloriti, ai muri della città, "non fare un parallelismo è impossibile - intervengono i rappresentanti di Adi -. Stiamo tenendo alta l’attenzione necessaria per evitare che i regime egiziano si senta al sicuro, come è accaduto con Regeni. Le situazioni sono diverse, ma la sorte di Giulio è stata la stessa, privato dei suoi diritti fondamentali. A differenza di Giulio, però, ora noi ora sappiamo dov’è Patrick e possiamo fare tanto".

Fra i presenti, non sono mancati a dare il loro sostegno diversi esponenti politici e del mondo accademico, ma anche tanti cittadini. Fra loro, con un cartellone in una mano e la zampa nel suo cane nell’altra, Eugenio Miceli si unisce ai cori: ‘Sono un normale cittadino e sono qui perché è ora di dire basta: si dovrebbero levare tutte le voci contro questa prepotenza’.

Le prossime mosse, fa sapere Francesca Santoro, delegata di Amnesty internation, è "organizzare qualcosa anche a Roma, in modo da sollecitare da vicino l’Ambasciata egiziana e il governo italiano". E poi aggiunge: "Sui siti egiziani circola la notizia che Patrick fosse omosessuale, una fake news per distogliere l’attenzione: siamo qui per combattere le notizie false".

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L'Ue: "Studiamo il caso"

"Siamo al corrente del caso e lo stiamo valutando con la nostra delegazione Ue al Cairo, e se necessario intraprenderemo le adeguate azioni. Appena avremo raccolto più informazioni saremo in grado di dire qualcosa di più concreto". Così il portavoce del Servizio europeo per l'azione esterna (Seae), Peter Stano, che rispondendo ai giornalisti ha spiegato che è stata l'Italia a richiamare l'attenzione sul caso dello studente arrestato.

 

Chiusi i profili social di Zaky

"Abbiamo dovuto chiudere i profili di Patrick su Facebook e Twitter: in Egitto, quando la polizia arresta un dissidente, poi perseguita anche i suoi amici e familiari, che sono più facilmente individuabili attraverso i social", racconta Amr Abdelwahab, che aveva conosciuto Zaky in piazza nel 2011 durante la primavera araba. I due erano grandi amici e Abdelwahab ha lanciato una petizione su Change.org per chiedere al governo egiziano il suo rilascio: in due giorni si è arrivati a quasi 10.000 firme.

"Zaky lottava per i diritti di tutte le minoranze oppresse nel nostro paese. Era il coordinatore della campagna per supportare le comunità cristiane cacciate dal nord del Sinai, a causa dell'avanzata dello stato islamico, e sfollate nella città di Ismilia. E poi si lottava per i diritti della comunità Lgbtq".

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Un gruppo di crisi all'università

Un gruppo di crisi di Unibo per seguire, in stretto contatto con le autorità competenti, la vicenda. "L’Università – così il prorettore Mirko Degli Esposti – sta seguendo con grande attenzione l’evolversi della situazione e auspica che possa avere un esito rapido e positivo, nella piena trasparenza. Speriamo che Patrick possa tornare al più presto a Bologna per riprendere gli studi del secondo semestre". Il 27enne, spiegano da Unibo, ha vinto una borsa di studio, dopo una rigorosa selezione, per partecipare al master internazionale Gemma, un corso di studio unico in Europa sugli studi di genere. "Da quando ha iniziato – continua Degli Esposti –, ha partecipato al corso con grande entusiasmo, competenza e professionalità". 

E il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Bologna, riunitosi oggi, esprime preoccupazione per la vicenda che sta coinvolgendo Zaky, e manifesta piena solidarietà all’intera comunità studentesca dell’Alma Mater. "La tutela dei diritti della persona e la libertà di espressione del pensiero sono elementi centrali su cui si fonda il nostro Ateneo, espressi con chiarezza tanto nello Statuto dell’Università di Bologna che nei principi della Magna Charta Universitatum, e per questo vengono sempre pienamente garantiti a tutti i membri della nostra comunità. Il Consiglio di Amministrazione continuerà a monitorare con grande attenzione l’evolversi di questa vicenda, auspicando che possa risolversi rapidamente, con trasparenza e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona", recita una nota.

La Farnesina segue da vicino il caso

Il ministro Luigi Di Maio, per il tramite dell’Ambasciata d’Italia al Cairo, segue da vicino il caso di Zaky. L’Italia, si apprende da fonti della Farnesina, ha chiesto l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di "monitoraggio processuale" coordinato dalla delegazione Ue in loco che consente ai funzionari delle ambasciate  Ue di monitorare l’evoluzione del  processo e presenziare alle udienze. Roma continuerà a seguire il caso sia tramite il coordinamento con i partner che attraverso altri canali rilevanti. 

La petizione di Amnesty International per Zaky

Oggi Amnesty International ha lanciato online sul suo sito una sua petizione online che chiede libertà per Patrick, "arrestato - scrive - solo perché attivista". Il 22 febbraio, spiega Noury, "scadono i 15 giorni della prima ordinanza e quindi c'è un'udienza per decidere se rinviare a giudizio" lo studente, se "prorogare di altri 15 giorni" la detenzione per supplemento di indagini o "nel caso più favorevole se disporre il rilascio". Sabato Amnesty International ha scritto all'ambasciatore egiziano a Roma esprimendo preoccupazione per la situazione dello studente egiziano e chiedendo "con fermezza" che a Zaky "vengano assicurate tutte le garanzie procedurali", oltre a un rilascio "quanto prima". Lettera alla quale al momento non è seguita nessuna risposta.

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