
Dal primo gennaio non sarà più richiesto il ricovero. Protestano le associazioni pro vita. Fratelli d’Italia: "Bisognava discuterne in consiglio". E gli azzurri: "Donne lasciate sole".
Nuovo scontro sui diritti, con vista sulle elezioni dell’Emilia-Romagna. Il motivo del contendere è l’aggiornamento del protocollo per l’interruzione di gravidanza con la pillola abortiva che, in Emilia-Romagna, si potrà fare a domicilio, senza ricovero ospedaliero. La novità – che risale a una decina di giorni fa – entrerà in vigore il primo gennaio 2025, ma la determina è già finita al centro del dibattito elettorale. Un po’ come successe con la delibera che disciplina il suicidio assistito, altro tema su cui l’Emilia-Romagna è stata apripista, ma con qualche scintilla in più legata al contesto politico caldo.
Ad alzare il tiro, dopo gli strali delle associazioni anti-abortiste, ci hanno pensato le due donne forti del centrodestra dell’assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna: la capogruppo meloniana Marta Evangelisti, capolista di FdI alle prossime regionali, e la consigliera di Forza Italia Valentina Castaldini, alla guida della lista azzurra. Evangelisti ha presentato una interrogazione in Consiglio regionale, chiedendo "per quale motivo la determina non sia stata discussa in Assemblea".
Non solo. Oltre alla contestazione di metodo – di fatto, un colpo di mano, secondo la lettura di Fratelli d’Italia – è stato criticato anche il merito del provvedimento: "Vorremmo sapere se, nel colloquio al consultorio, alle donne che fanno richiesta della Ru486 (la pillola abortiva, ndr) vengono fornite tutte le informazioni e l’ascolto per favorire la nascita del figlio".
L’interruzione di gravidanza, insiste la meloniana, "è un tema molto delicato, troppo spesso usato come leva politica e ideologica e trattato con una superficialità che non possiamo condividere". Per Evangelisti, infatti, "la Ru486 potrà essere assunta a domicilio dalle donne che ne faranno richiesta. E tutto questo, come rileva FederVita, favorendo la completa solitudine della donna".
D’accordo anche Valentina Castaldini, capogruppo di Forza Italia, già tra le principali oppositrici al provvedimento sul fine vita: "Accogliamo con preoccupazione la recente delibera regionale che consente di terminare l’iter d’interruzione della gravidanza a domicilio. Crediamo che, per tutelare le donne, sia essenziale garantire un monitoraggio costante da parte delle strutture ospedaliere, specialmente per le fasce più vulnerabili che vivono in contesti fragili e che non devono essere lasciate sole. Con questa misura, invece, rischiamo di introdurre una pericolosa solitudine istituzionale". Il passo in avanti di viale Aldo Moro prevede che le donne, da gennaio 2025, potranno comunque scegliere come concludere l’interruzione di gravidanza. Tre le possibilità: l’interruzione chirurgica, in regime di day surgery, quella farmacologia in ambulatorio o a casa propria.
In ogni caso, spiegano dal servizio di assistenza territoriale della Regione, la pillola a domicilio sarà un iter che i medici proporrano non a tutte le pazienti. Il percorso comunque inizia in consultorio o in un ambulatorio, poi è prevista l’attività di telemedicina. Dopo la sommistrazione della Ru486, viene consegnato il secondo farmaco, che può essere assunto a casa.
Di tutt’altro avviso Francesco Perboni di Pro Vita & Famiglia, secondo cui addirittura "si velocizza l’omicidio del nascituro", visto che "per la maggioranza (di Viale Aldo Moro, ndr) aiutare la donna significa permetterle di porre termine alla vita che porta nel grembo il più rapidamente possibile, sacrificando l’assistenza medica".