
Faiez Selmi, tunisino di 36 anni, compagno di Tania Bellinetti (a destra), attualmente irreperibile. Su di lui pendeva una condanna per maltrattamenti avvenuti nella casa di via Tolstoj che è sotto sequestro
Bologna, 13 aprile 2025 – Di fronte alla porta dell’appartamento Acer di via Tolstoj, ci sono mazzi di fiori bianchi e bigliettini. Nella casa dove Tania Bellinetti aveva abitato per vent’anni, ora c’è solo il silenzio del vuoto. “Mi manca il respiro, non mi do pace... Vorrei solo rivederti sorellona mia”, lo sfogo affidato ai social di Andrea, il fratello che Tania amava tanto. E che adesso vuole solo sapere la verità. Capire quello che è successo, martedì pomeriggio, in quell’appartamento.
Un lavoro delicato e complesso, su cui sono impegnati i poliziotti della Squadra mobile, coordinati dal pm Marco Forte. Nell’appartamento, adesso posto sotto sequestro, nei prossimi giorni la polizia tornerà per un nuovo sopralluogo.
Teso anche a verificare la presenza di ulteriori telefoni cellulari, oltre a quelli che sono stati già trovati e sequestrati nell’immediatezza della tragedia. Il cui contenuto dovrà essere analizzato: non è escluso che uno dei telefoni possa appartenere anche a Faiez Selmi, il tunisino di 36 anni che aveva avuto una relazione burrascosa e violenta con la vittima, sfociata in denunce e condanne. Su di lui, dallo scorso 23 dicembre, pendeva un ordine di carcerazione proprio per i maltrattamenti su Tania. Mai eseguito, perché intanto l’uomo, che ora è indagato per istigazione al suicidio, si era reso irreperibile.
Più volte la polizia era andata a casa di Tania a cercarlo, senza risultato. Eppure, i vicini oggi giurano di averlo visto. Anche martedì, in un orario compatibile con la caduta di Tania, precipitata di spalle dal balconcino del terzo piano. La Squadra mobile, che ha ascoltato vicini e testimoni, sta mettendo in ordine tempi e avvistamenti, per verificare se l’uomo fosse effettivamente in casa con la vittima.
Quella casa in cui bazzicava dal 2018, per periodi più o meno lunghi. I litigi, le urla e le botte, erano iniziati presto. Una notte del luglio di quell’anno Tania aveva chiamato disperata i carabinieri: lui l’aveva pestata ed era scappato poco prima che arrivassero i militari dell’Arma. Era stato denunciato. Ma di nuovo, dopo pochi giorni, era tornato in quella casa. A Natale di quell’anno, Tania e Faiez erano di nuovo insieme. Oggi i vicini parlano di urla continue, di piatti rotti, di discussioni che tra quei muri di carta si capivano perfettamente. Eppure, nessuno in questi anni ha mai segnalato alle forze dell’ordine una palese situazione di abusi domestici, ma neppure ha fatto parola con Acer di ciò che avveniva in quell’alloggio. Una parola in più che, con il senno di poi, avrebbe potuto salvare una vita. E che anche oggi potrebbe aiutare gli inquirenti a rintracciare il fuggitivo.
Dopo la condanna a due anni ottenuta per quelle violenze del 2018, Faiez aveva peregrinato un po’, finendo anche, a gennaio 2024, in un centro per il rimpatrio a Milano. Irregolare, senza fissa dimora, con precedenti per le violenze a Tania e per spaccio, doveva essere espulso, ma qualcosa non ha funzionato.
Ed è tornato in libertà, dirigendosi di nuovo verso il suo approdo sicuro di via Tolstoj. Tania lo aveva riaccolto. Ed era ripresa la routine delle botte, sfociata nell’ultima denuncia, sporta a novembre scorso.
Dinamiche drammatiche, specchio di una quotidianità violenta, che alimentano i dubbi sulla posizione dell’uomo. Al momento, tutte le piste restano però aperte: dal gesto volontario all’incidente, dalla caduta durante una fuga dall’uomo all’omicidio. Domani l’autopsia potrebbe contribuire a definire o escludere eventuali ipotesi.