Torna Laura Marzadori "Passione e impegno"

Il primo violino di spalla della Scala domani al San Filippo Neri con Obiso

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di Marco Beghelli

Torna a esibirsi in città la violinista Laura Marzadori, per il secondo appuntamento di MICO – Bologna Modern, il festival di musiche contemporanee organizzato da Musica Insieme in collaborazione con il Teatro Comunale (domani ore 20.30, all’Oratorio di San Filippo Neri). Il suo nome evoca una carriera fulminante, dal precoce diploma nel nostro Conservatorio a primo violino di spalla nell’Orchestra della Scala a soli 25 anni.

Una conquista difficile?

"È stato un percorso molto naturale, un passo alla volta, senza saltare le tappe, ma con tanta passione e un grande impegno psicologico".

Dedica oggi più tempo all’orchestra o ai concerti solistici?

"Dipende dai periodi. L’orchestra mi assorbe moltissimo, ma cerco di trovare il giusto equilibrio. La musica da camera è per altro molto formativa anche per un orchestrale, e viceversa".

E ora pure un romanzo.

"L’idea è precedente al Covid, ma non immaginavo quanto tempo ed energie richiedesse la scrittura. L’altra metà delle note ha un taglio autobiografico, e la sospensione delle attività musicali mi ha consentito di ripensare al mio passato, rileggere diari e lettere che avevo scritto all’età di Tina, la violinista adolescente protagonista del romanzo. Le critiche sono state positive, ma più ancora mi hanno fatto piacere i tanti messaggi ricevuti da giovani – non solo musicisti – che si sono immedesimati nella mia storia, con analoghe difficoltà di competizione per raggiungere un obiettivo e seri problemi con il cibo. Il mio scopo non era affermarmi come scrittrice (non è il mio mestiere!), ma avvicinarmi a ragazzi e ragazze con un linguaggio sincero, capace di parlare loro direttamente. Se in futuro dovesse venirmi un’altra proposta, non escludo di continuare questa attività, ma al momento non mi sento una scrittrice e non ho progettato nulla di nuovo".

Nel concerto duetterà con Andrea Obiso, da poco nominato spalla nell’Orchestra di Santa Cecilia, a soli 26 anni: due vite parallele?

"In effetti ci accomunano molte cose. Entrambi non avevamo una grossa esperienza orchestrale alle spalle, al momento dei rispettivi concorsi a Milano e a Roma, venendo piuttosto da esperienze come solista e camerista. L’idea di unirci in duo è venuta al mio management: ci siamo conosciuti la prima volta solo pochi mesi fa, trovandoci subito benissimo dal punto di vista umano e musicale, con una particolare affinità nel timbro dello strumento. Non è facile riempire la sala con il suono di due soli violini, quasi nudi, senza un accompagnamento: bisogna pertanto trovare un’unità perfetta".

Il repertorio è limitato?

"Meno di quanto ci si aspetterebbe, dal Romanticismo ai giorni nostri. Noi suoniamo Spohr, Glière e Prokof’ev, che ha scritto una Sonata davvero impegnativa, non solo dal punto di vista ritmico dell’insieme, ma proprio della tecnica strumentale nelle singole parti. E per finire uno splendido brano di Giovanni Sollima, fatto di ironia e contrasti: frammenti sonori a partire da schizzi beethoveniani per una composizione mai compiuta".

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