Bologna, corruzione e traffico di rifiuti. In manette due imprenditori

Guai per i vertici della Italferro di Crespellano. Arrestato anche l'ex comandante del Noe

Solo nel 2017 sono state smaltite in modo illecito 30mila tonnellate di carcasse di auto (Germogli)

Solo nel 2017 sono state smaltite in modo illecito 30mila tonnellate di carcasse di auto (Germogli)

Bologna, 26 ottobre 2018 - Trentamila tonnellate di carcasse di auto, dagli sfasciacarrozze della capitale, venivano spedite, ogni anno, nelle tre ditte di smaltimento del Gruppo Fiori. Rottami certificati come ‘bonificati’, ma che, come accertato dai carabinieri del Noe, venivano presi in carico e compattati dalla Italferro di Crespellano senza essere stati privati delle componenti plastiche, di batterie e motori.

L’indagine del Nucleo operativo ecologico di Roma, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, che si è concretizzata ieri mattina con l’esecuzione di sei misure cautelari in carcere, ha scoperchiato un imponente traffico illecito di rifiuti riconducibile ai vertici della società bolognese, ossia a Valerio (68 anni) e Matteo Fiori (47), padre e figlio, entrambi ora in carcere.

I due, per poter operare in serenità, si sarebbero avvalsi della ‘collaborazione’ di quattro militari del Noe, adesso in arresto per corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo a sistema informatico. Tra loro, l’ex comandante del Noe di Bologna, il luogotenente Sergio Amatiello, 54 anni, già sospeso dall’Arma in seguito alla condanna per il caso Niagara. E, nelle maglie dell’inchiesta, sono finiti pure l’ex magistrato bolognese Mauro Monti, 71 anni, presidente del consiglio di amministrazione della Italferro, ed E. B., un altro luogotenente del Noe cittadino, ancora in servizio, indagati assieme ad altre quattro persone.

L’inchiesta, partita a marzo 2017 dalle verifiche nelle autodemolizioni romane già monitorate dal Noe, ha portato i militari ad accertare come la quasi totalità delle carcasse che passavano per gli sfasciacarrozze finissero nelle tre aziende del Gruppo Fiori, che le comprava non bonificate (ma certificate come tali) a prezzi ridotti e, una volta compattate, senza ulteriori trattamenti, le rivendeva a prezzi di mercato alle fonderie. Tuttavia, nel corso dei monitoraggi, i militari si sono accorti di qualcosa di strano. Ossia che gli autodemolitori, a un certo punto, avevano iniziato ad adottare accorgimenti per eludere i controlli. E sono così risaliti alla figura di Amatiello, assunto in nero come responsabile della sicurezza dai Fiori. Il maresciallo, stando all’accusa, avrebbe gestito i contatti con Ciro Paone, esperto informatico del Noe di Roma, e con un altro militare, in forza al comando provinciale di Catania, Santo Caldareri, a sua volta in rapporti di amicizia con Andrea Pilu, anche lui informatico del Noe romano. A questi avrebbe girato i regali spediti, tramite Amatiello, dai Fiori, in cambio di informazioni utili sull’attività di indagine. E i due si sarebbero fatti corrompere, compiendo accessi abusivi alla banca dati del Noe. Anche E. B., a sua volta, avrebbe riferito all’ex collega Amatiello informazioni coperte da segreto. Monti, assieme ai Fiori, avrebbe invece istigato l’operato di Amatiello.

Un’indagine complessa, dove la riuscita poteva essere garantita soltanto dalla massima segretezza nel lavoro degli investigatori, che hanno dovuto scavare tra le loro stesse fila per scoprire la filiera di corruzione. Motivo per cui, il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino ha espresso la gratitudine della «Procura di Roma ai carabinieri del Comando tutela ambientale che hanno scoperto una falla al loro interno».

 

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