Bologna, viaggio nel ‘Treno’ della Barca

Nel palazzo simbolo del Quartiere popolare, troppi negozi sono sfitti da anni. Ma c’è chi resiste

Il ‘Treno’, in zona Barca

Il ‘Treno’, in zona Barca

Bologna, 17 gennaio 2017 - Un treno che forse non si chiama desiderio, ma è un Treno che non va perso. E’ la spina dorsale della Barca che qui, all’altezza di piazza Giovanni XXIII, ha da sempre il suo cuore pulsante. Mezzo chilometro di abitazioni e di negozi, in parte deserti. Le saracinesche abbassate, fra scritte, manifesti scoloriti e cartacce si alternano a storiche attività e a quelle rilevate dagli stranieri. Un ‘kebabbaro’, la ragazza cinese al bancone del bar, i fruttivendoli pakistani. Non meraviglia in uno dei quartieri con una delle più alte concentrazioni di immigrati. In via Rigola c’è quella che qui tutti chiamano ‘la moschea’, un centro islamico frequentato soprattutto da nordafricani.

E’ un’umanità quella che si incontra sotto il Treno, dove anche molti negozi sono di proprietà dell’Acer. “Avrebbero una centralità urbana importante, ma c’è fatica nel turnover visto che bisogna aspettare i bandi – ammette il presidente del Quartiere Vincenzo Naldi –. A volte i tempi sono lunghi”. In alcuni casi lunghissimi. Anche una decina d’anni per riaprire certi spazi. “Se ci sono dei contenziosi, come fallimenti o morosità - prosegue Naldi - il locale non viene inserito nel bando. In più, se viene riconsegnato alla proprietà un locale, Acer lo riporta alle condizioni precedenti”. E questo significa altri lavori da fare per chi subentra. “La nostra proposta - prosegue Naldi - segnalata anche all’assessore Virginia Gieri, è di affidare il ripristino al nuovo locatario con la supervisione dell’ente proprietario”.

Il gioielliere Fabio Faggioli ha il negozio qui da 33 anni. “Mi sono sempre trovato bene, la zona è servita dai mezzi, non ci sono problemi di parcheggio, c’è tanto verde, hanno migliorato l’illuminazione. Un tempo facevo parte di un’associazione di commercianti, avevamo vinto un bando dell’Ascom per abbellire la zona, ma ora non c’è più”. Il commercio è cambiato, come i suoi protagonisti. “Con gli stranieri ci troviamo bene, ma non sempre si integrano per attività comuni”. E poi ci sono i lunghi tempi di assegnazione degli spazi. “Bisogna aspettare che esca un bando, che funziona come un’asta – prosegue Faggioli -. Non è che non ci sia richiesta, ma i tempi possono essere biblici. Oppure si può subentrare comprando la licenza dal proprietario”. Un’altra difficoltà: se il titolare smette di pagare e se ne va, ci vuole tantissimo tempo a rintracciarlo. E ci si blocca di nuovo.

“Lavoro qui da 11 anni e sto benissimo”, spiega Casandra Matei, romena, titolare con il marito bengalese di un negozio ‘Pasta fresca e drogheria’. “Questo è un quartiere popolare, ci sono persone di tutte le nazionalità e c’è contatto fra noi. In più i vigili passano spesso”. Sul tema Acer, “è vero, sono venute persone interessate a vedere i negozi. Anche io mi ero informata per i locali a fianco al mio”. Parla di ‘sistema medievale’ Maria Grazia Poli, la parrucchiera che ora ha ceduto l’attività alla figlia Nicoletta Regazzi, con lei in negozio. “Se i negozi venissero affittati senza l’asta, il Treno si riempirebbe: in fondo alcuni sono chiusi da una vita”. Poli ha scelto di venire alla Barca, lasciando il centro storico. “Ho lavorato 23 anni fra via d’Azeglio e Marconi e sono contenta della scelta. Vedere il verde qui attorno mi ha aperto il cuore, mi sono trovata bene, le persone sono vere. Problemi di sicurezza? No, anche se qualche ragazzino sbandato c’è”.

«In quanto a sicurezza in zona ci riteniamo fortunati- conclude l’edicolante Fabio Cervellati, presente dal 2002-. Per quanto riguarda i negozi chiusi, penso abbia inciso la crisi in un quartiere molto popolare. Dove c’era la merciaia, oggi c’è un’agenzia di scommesse».

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