Trent’anni da attori tra parole e tagliatelle

Il Teatro delle Ariette apre oggi il ciclo ‘Il giorno che verrà’ a San Filippo Neri. Docu-film per raccontare un mestiere di condivisione in tempi di pandemia

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Le Ariette l’avevano promesso. Ogni anno, nei giorni precedenti il Natale, avrebbero ospitato all’Oratorio San Filippo Neri attorno a una tavola un gruppo di persone per proporre uno dei tanti loro spettacoli che uniscono il teatro al cibo, il pensiero alla condivisione. Quest’anno, pur nell’impossibilità di organizzare eventi in presenza, l’appuntamento non è saltato. Saranno Stefano Pasquini e Paola Berselli, ad inaugurare il ciclo on line voluto da Mismaonda (col sostegno della Fondazione del Monte) ‘Il giorno che verrà’: brevi docu-film diretti da Mellara e Rossi sul lavoro d’artista al tempo della pandemia. La puntata sarà visibile sul sito e sui social dell’Oratorio appunto a partire da oggi (seguiranno Alessandro Bergonzoni prima di Capodanno e Paolo Fresu attorno all’Epifania) e racconterà la singolare esperienza di questi attori, contadini e cuochi che dal 2000 nel loro podere in Valsamoggia lavorano sul teatro e che proprio nei giorni scorsi hanno vinto il premio nazionale della critica. "Non ci piace creare sul web surrogati degli spettacoli – spiega Pasquini –. E’ invece importante mantenere un contatto con lo spettatore, raccontando il nostro mestiere".

La domanda spontanea è: siete attori o contadini?

"Tutto si intreccia. Pensiamo al teatro mentre lavoriamo nei campi, lo scriviamo quando torniamo a casa, cuciniamo e la sera al pubblico offriamo i nostri spettacoli e il nostro cibo. ‘Teatro casalingo’ è una buona definizione".

Il premio che avete ricevuto di recente è il primo in tanti anni?

"Sì e per noi è una grande soddisfazione. In passato avevamo avuto solo una nomination all’Ubu ma niente di più. In fondo il teatro ha il ritmo della terra e uno spettacolo è come un seme: nasce da un’idea, germoglia e cresce. L’incontro con il pubblico è il momento finale, quello della raccolta".

In queste settimane avete chiesto alla gente di inviare sul vostro sito riflessioni e testimonianze sul vuoto che stiamo vivendo. Questo materiale diventerà uno spettacolo?

"Non è escluso. Siamo partiti dalla necessità di tenere un dialogo e questo scambio potrebbe sfociare in una qualche forma drammaturgica. Le persone più mature mostrano la maggior sofferenza e faticano a ritrovare il passo perduto, i giovani chiedono un’azione senza sapere quale".

A quali progetti state lavorando?

"Una sorta di autobiografia dei luoghi costituita da tre spettacoli. Il primo è stato ‘E riapparvero gli animali’ di Catherine Zambon, presentato l’estate scorsa. Stiamo curando a Castelfranco un documentario sul tema degli stranieri e ci stiamo documentando su un caso di uxoricidio avvenuto nel ‘46 a Savigno".

In ogni vostro spettacolo preparate e cucinate soprattutto tagliatelle. Quante ne avete impastate in tutti questi anni?

"Ho fatto un calcolo veloce, più di tre tonnellate. Detta così fa impressione...".

Claudio Cumani

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