Tumore prostata, vitamina E nel mirino degli studiosi. "Occhio agli integratori"

La ricerca cui ha collaborato l'Università di Bologna: l'effetto antiossidante può favorire meccanismi cancerogeni

Tumore alla prostata: ricerche in laboratorio (Archivio)

Tumore alla prostata: ricerche in laboratorio (Archivio)

Bologna, 9 settembre 2019 - Il tumore alla prostata è la più comune forma di tumore e la seconda causa di morte tra le malattie oncologiche per i maschi adulti. Oggi ne sappiamo un po' di più: in determinate condizioni l'effetto antiossidante della vitamina E può favorire meccanismi cancerogeni. A spiegare il paradosso uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Bologna, che mediante esperimenti sia in vitro sia in vivo su ratti, hanno infatti mostrato come la vitamina E sia in grado di indurre enzimi che facilitano la formazione di sostanze cancerogene e portano all'aumento dei radicali liberi, danneggiando così il Dna cellulare. Questi risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.

"Siamo esposti tutti i giorni a campagne pubblicitarie che promuovono svariati prodotti di origine naturale come vere e proprie pillole magiche prive di rischi per la salute", spiega Moreno Paolini, professore dell'Università di Bologna che ha coordinato lo studio. "Purtroppo abbiamo però riscontrato che l'uso eccessivo di queste molecole può portare ad effetti dannosi: gli integratori possono essere fondamentali in particolari condizioni, ma è sempre bene consultare il proprio medico curante o uno specialista prima di iniziare ad assumerli".

Alcuni studi epidemiologici e preclinici, in particolare, hanno suggerito che l'integrazione nella dieta di selenio e vitamina E potesse proteggere contro alcuni fattori noti per favorire il tumore alla prostata. Ma un vasto studio clinico chiamato Select, avviato nel 2001 per verificare e comprendere meglio gli effetti benefici di queste sostanze, ha rivelato risultati inattesi e clamorosi: non solo il potere antitumorale della vitamina E non è stato confermato, ma è stato osservato un aumento significativo dei casi di cancro alla prostata tra chi assumeva gli integratori.

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"A partire da questi risultati - spiega Donatella Canistro, ricercatrice tra i principali autori dello studio - abbiamo ipotizzato che la vitamina E, in determinate condizioni e in alcuni tessuti, non agisse più come antiossidante ma al contrario favorisse pericolosi processi ossidativi". Un'ipotesi per la quale gli studiosi bolognesi hanno cercato e trovato verifiche in laboratorio.

L'utilizzo di integratori antiossidanti a base di vitamina E, insomma, non sembra essere un'arma efficace contro il tumore alla prostata. Anzi, in alcune condizioni può rivelarsi addirittura pericoloso. "I risultati del nostro studio - conferma il coordinatore Moreno Paolini - pongono l'attenzione sul tema dell'uso di integratori a base di antiossidanti nella prevenzione primaria. Da un lato possiamo affermare che il consumo di alcuni alimenti nell'ambito di uno stile di vita sano può contrastare l'insorgenza di alcune forme tumorali, ma dall'altro non siamo in grado di identificare specifiche vitamine, minerali o oligoelementi che possano essere promossi come agenti chemiopreventivi su larga scala".

Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo "Co-carcinogenic effects of vitamin E in prostate". Per l'Universita' di Bologna hanno partecipato Fabio Vivarelli, Donatella Canistro, Silvia Cirillo e Moreno Paolini del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie; Alessio Papi ed Enzo Spisni del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali; Paola Franchi e Marco Lucarini del Dipartimento di Chimica "G. Ciamician"; Antonello Lorenzini e Silvia Marchionni del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie. Hanno inoltre collaborato ricercatori dell'Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del CNR di Pisa, dell'Istituto Ramazzini di Bologna, dell'Università di Firenze e di Arpae Emilia-Romagna.

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