Antonio
Ianniello*
Le operazioni di ripristino della legalità all’interno
del carcere hanno il
fondamentale significato di affermare la presenza dello Stato. Altra faccia dell’affermazione della legalità in carcere deve comprendere
necessariamente anche l’adeguatezza del contesto detentivo, profilo riguardo al
quale è considerevole la distanza che resta ancora da percorrere. Quando parliamo di carcere, l’altro profilo della legalità riguarda le condizioni
detentive in cui vivono le persone detenute la cui corrispondenza a quanto indicato dalla normativa di riferimento risulta, non di rado, (assai) mal praticata. Nel carcere di Bologna c’è una permanente condizione di sovraffollamento che comporta un drastico abbassamento della qualità della vita all’interno dell’istituto. C’è una precaria qualità delle condizioni detentive, anche aggravata dall’inadeguatezza della struttura dal punto di vista architettonico, ispirata da
logiche ormai superate. C’è una carenza di organico nelle varie aree (la più preoccupante allo stato riguarda i professionisti medici). Un ragionamento analogo riguarda la precarietà delle condizioni di lavoro di coloro che esercitano la propria attività all’interno del carcere, infatti esiste un’intima
connessione fra queste e le condizioni detentive in cui vivono le persone detenute. Così, in un simile contesto,
non esiste nei fatti la possibilità di garantire la più completa
e piena presa in carico delle vicende detentive affinché
il percorso della carcerazione possa essere davvero orientato (per tutti) in senso costituzionale. E così appare evidente quanto ancora le attuali prassi detentive siano lontane dalla legalità.
*Garante per i Diritti delle persone private della libertà
del Comune di Bologna
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