Tutta la città ricorda Marco Biagi Lorenzo: "Fiero del papà che avevo"

Ieri le cerimonie in memoria del giuslavorista ucciso dalle nuove Br. Il sindaco: "Bologna non lo dimentica"

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di Luca Orsi

"Nessuno deve pensare che potremmo dimenticare". Si chiude con un verso di Carlo Franzini la giornata in memoria di Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle nuove Brigate rosse il 19 marzo di vent’anni fa. In un agguato sotto casa, in via Valdonica, mentre il professore appoggiava la bici al muro e cercava le chiavi del portone.

E quella bici – quasi alla stessa ora, sulle note del Silenzio suonate da un trombettiere dei Bersaglieri – è stata portata a mano da Lorenzo, uno dei figli di Biagi, sotto quel portico. Dove nel pomeriggio erano state deposte le corone di Comune, Università, Cgil-Cisl-Uil. Due mazzi di fiori bianchi sono stati aggiunti ieri sera, al termine della staffetta simbolica in bicicletta che – sindaco in testa – come ogni anno ha ripercorso il tragitto fatto da Biagi quel 19 marzo, dalla stazione a casa.

"Marco era un uomo di pace, di collaborazione, un cittadino del mondo. Vive nei nostri cuori. Tutte le razze, tutte le lingue erano uguali ai suoi occhi", ricorda l’amico Enrico Traversa. In piazzetta Marco Biagi ci sono amici, compagni di corso, colleghi del giuslavorista, stretti attorno alla famiglia. È una serata di canzoni (Io vagabondo, C’era un ragazzo, No Woman no Cry, L’anno che verrà) e di poesie: Alda Merini, Bertold Brecht.

Nel pomeriggio, in via Valdonica il silenzio è rotto dai rintocchi delle campane di San Martino, che battono le cinque. Sotto il portico del numero 14 il sindaco Matteo Lepore sfiora la corona deposta a nome del Comune. Sotto le finestre di casa Biagi, amici, politici e autorità. Ci sono la moglie del professore, Marina Orlandi, e Lorenzo. C’è Francesca, sorella del giuslavorista, con il figlio Giulio.

Lorenzo, da un po’ di tempo, va nelle scuole a raccontare chi era suo padre. I giovani non lo sanno. "Le cerimonie pubbliche sono importanti – commenta – ma per me, come figlio, è ancora più importante spiegare chi era il babbo, a livello umano, non solo accademico. Parlarne ai giovani mi dà serenità".

Pensando al Lorenzo bambino, che quella sera aspettava il rientro del padre per la Festa del papà, l’adulto di oggi si dice "fiero del padre che avevo e dell’insegnamento più importante che mi ha lasciato: ‘porta sempre avanti le tue idee, non avere paura di niente’".

Lepore, intanto, ribadisce l’intenzione di "inserire l’omicidio di Biagi, una delle più gravi ferite inferte a Bologna dal terrorismo politico, nel futuro Polo della memoria della città, insieme alle altre stragi e attentati". Si pensa a "un luogo di studio", dove "con arte, cultura e materiale archivistico si possa approfondire il ruolo di Bologna nel Novecento".

Sempre ieri pomeriggio, a San Lazzaro, la sindaca Isabella Conti ha presenziato una cerimonia commemorativa in ricordo di Biagi. Fra i tanti messaggi istituzionali, quello del presidente della Regione Stefano Bonaccini. "Era un innovatore, un precursore. Il suo pensiero risulta sempre più attuale. Mai come oggi dobbiamo porre l’attenzione alla qualità del lavoro, con una priorità su tutte: creare nuova e buona occupazione". E l’attenzione "va dedicata in particolare ai giovani, che rischiano sempre il prezzo più alto. Biagi fu tra i primi a farlo, in netto anticipo sui tempi, purtroppo in gran parte incompreso".

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