
Il luogo della tragedia, avvenuta il 27 settembre 2019. Nei riquadri, da sinistra, la vittima Rachid Nfir e, a fianco, Rocco Giulio Capria, imputato calabrese
Era il 27 settembre di quasi sei anni fa quando Rocco Giulio Capria, oggi 57 anni, di Rosarno (Reggio Calabria), investì e uccise col suo camion il collega Rachid Nfir, 47 anni. Accadde nel piazzale dello zuccherificio Coprob, di Minerbio: i due camionisti erano entrambi dipendenti di ditte di trasporto che trasportavano barbabietole da zucchero dalla Calabria, regione in cui risiedeva pure Rachid, di origini marocchine, ma che lì viveva da tempo con la moglie e i tre figlioletti.
Ora è cominciato il processo per quell’omicidio davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari. Capria, assistito dall’avvocato Manuela Amore, è accusato di omicidio volontario. All’epoca, infatti, i carabinieri ricostruirono come Capria, qualche giorno prima del tragico epilogo, ebbe una lite per una mancata precedenza in una strada stretta con un amico e connazionale di Nfir, che era sul camion con quest’ultimo: sarebbe stata dunque una sorta di "vendetta" nei confronti dei due rivali il movente del delitto. Una versione da sempre respinta con forza dall’imputato, che raccontò come Nfrir gli sbucò davanti all’improvviso, a piedi, mentre lui entrava nel piazzale dello zuccherificio, e perciò non ebbe neppure il tempo di frenare. Difatti, i rilievi sull’asfalto non riscontrarono segni di frenata da parte del camion condotto dal calabrese.
Subito dopo il fatto, Capria fu arrestato e restò in carcere per un paio di settimane, poi però il Tribunale della Libertà riqualificò il reato in omicidio stradale e lo mise agli arresti domiciliari; dopo qualche tempo ebbe l’obbligo di dimora nella sua città e infine, attualmente, non ha misure cautelari e vive con la famiglia in Calabria, dove continua a fare il camionista. In ogni caso, la procura – pm Michelangela Farneti – ribadì l’accusa di omicidio volontario e così il procedimento è proseguito arrivando appunto davanti alla Corte d’assise.
Ieri in aula sono stati ascoltati alcuni testimoni della procura; si continuerà il prossimo 5 marzo.
Al processo non ci sono parti civili: i familiari di Rachid infatti, hanno revocato le proprie costituzioni dopo essere stati tutti risarciti dall’assicurazione.
"Sono assolutamente convinta che si trattò di un drammatico incidente – così l’avvocato Amore –. Il mio assistito si trovò Rachid davanti e non poté fare nulla per evitarlo".
Federica Orlandi