Uccise il marito, gli psichiatri: “Fu un crollo psicotico”

Bologna, Carla Grazia è a processo per l’omicidio di Renzo Marchesi, 78 anni, malato di Parkinson: dopo ore in macchina insieme lo accoltellò 13 volte e poi tentò di uccidersi

La Nissan Qashqai bianca dentro la quale fu ucciso Renzo Marchesini
La Nissan Qashqai bianca dentro la quale fu ucciso Renzo Marchesini

San Giovanni in Persiceto (Bologna), 14 settembre 2023 – Aveva allineato tutto sul letto, privo di lenzuola e coperte. Gioielli, documenti, libretto di risparmio, contanti. Un biglietto indirizzato a figlio e nuora: "Scusa, ma non ce la faccio più. Perdonami. Vi voglio bene. Se non trovi il mio cellulare, chiedilo alla donna delle pulizie".

Carla Grazia, 76 anni, quella tragica mattina del 3 febbraio scorso è crollata. Ha vestito di tutto punto il marito Renzo Marchesi, 78 anni, da tempo gravemente malato di Parkinson e affetto anche da una forma di demenza senile, e lo ha caricato in auto. Insieme hanno vagato per ore, hanno guardato qualche vetrina. Infine, sono arrivati al centro commerciale, dove lei ha acquistato due coltelli.

Grazia, come lei stessa avrebbe raccontato più tardi alla psichiatra incaricata dalla Procura di valutare le sue condizioni, durante i viaggi in auto piangeva e gridava. Alla fine, alle 19, ha parcheggiato il Nissan Qashqai bianco nella zona industriale di via Sabin. Ha sferrato tredici coltellate al marito, sul sedile posteriore. L’anziano è morto dissanguato. Fatale, ha ricostruito in aula il medico legale Filippo Pirani, sarebbe stato in particolare il fendente al polso destro, che ha reciso l’arteria.

Poi, Carla ha rivolto il coltello verso di sé, ai polsi, al collo, all’inguine. Non prima però di scrivere un bigliettino per i soccorritori: "Chiamate mio figlio e mia nuora" e i loro numeri.

Insomma, aveva pensato a tutto. Forse non aveva previsto di sopravvivere. Salvata dall’arrivo del figlio, allarmato da una strana telefonata, e dei sanitari del 118 con i carabinieri di San Giovanni.

La lucidità della donna nel mettere in atto l’omicidio e il tentativo di suicidio sarebbe però solo apparente. Lo sostengono la psichiatra Michela Casoria, consulente della Procura (pm Francesca Rago), e il professor Renato Ariatti, per la difesa (avvocato Monica Varricchio). Gli psichiatri sostengono che Grazia quel giorno avesse definitivamente perso il contatto con la realtà. Un "crollo psicotico" che ben si sposerebbe, per i due esperti, con una preesistente forma di "depressione maggiore gravissima con idee prevalenti", cioè con pensieri ‘distruttivi’ tali da prendere il sopravvento della psiche e far perdere il contatto con la coscienza. Ad aggravare la depressione della donna, che per questa patologia era già stata ricoverata 30 anni fa, il lockdown, l’improvvisa morte del fratello che viveva con Renzo e se ne prendeva cura, e l’aggravarsi delle condizioni del marito.

Tutto ciò è emerso ieri in aula, alla prima udienza del processo per omicidio. L’imputata – ora in libertà vigilata alla Casa degli Svizzeri, ex ospedale psichiatrico giudiziario – era assente, così come il figlio, che non si costituirà parte civile. Davanti alla Corte d’assise presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari hanno testimoniato il medico legale, i due psichiatri per Procura e difesa, e la dottoressa Beatrice Gerocarni, pure per la difesa, che segue Grazia nella struttura in cui risiede. Concordanti le versioni degli psichiatri sulle condizioni della donna: al momento del delitto non era in grado di comprendere con lucidità ciò che faceva, guidata dal breakdown nato dalla depressione mal curata, dato che Grazia non seguiva le terapie prescritte dal suo medico.

"Ho trovato di rado in aule di giustizia il buonsenso dal punto di vista umano, accanto naturalmente al rigore tecnico, dimostrato oggi dalla Procura – così il professor Ariatti –. L’accusa ha colto il quadro patologico in cui è maturato questo omicidio, il sentimento di non avere via d’uscita che ha portato l’anziana a pensare di andarsene con il marito".

Una versione su cui ora il presidente della Corte vuole fare ulteriore chiarezza. Ha annunciato infatti che nominerà periti propri per stabilire la capacità della donna di intendere e volere al momento del delitto.