
Umberto Contarello sul set del suo film ’L’infinito’: stasera al cinema Roma
‘L’infinito’ di Umberto Contarello nasce da una telefonata pomeridiana con Paolo Sorrentino: "Stavolta il film lo giri tu - dice il regista -. Lo scriviamo insieme, io lo produco". Contarello, che con Sorrentino ha scritto This must be the place, La grande bellezza e Loro, accetta "con incoscienza". E poi chiede: "Ma un film su cosa?". "Su di te - risponde Sorrentino -. Visto che lo dirigi e lo interpreti pure". Così il debutto alla regia arriva a 66 anni, dopo una carriera da sceneggiatore, in cui ha scritto per Carlo Mazzacurati, Salvatores, Bertolucci e Amelio. Stasera alle 20,45 il regista presenta ’L’infinito’ al Roma d’Essai.
Contarello, Sorrentino ha raccontato che l’idea è nata dai ’lamenti’ telefonici tra di voi… "Dopo la mia lagna, Paolo mi ha detto: ‘Ma perché non fai tu un film, almeno una volta, così non ti lamenti?’. E io ho accettato con naturalezza, come si accetta un regalo quando non è il tuo compleanno". Il film racconta di uno sceneggiatore che prova a dare un senso all’esistenza, ricostruendo la carriera in declino e il rapporto con la figlia.
Crede nel destino? "La vita somiglia più a un treno. Quando sali su una carrozza, non sai dove ti porterà. Poi scendi, aspetti un altro treno e riparti. Forse tutti questi viaggi messi insieme compongono il destino. A me interessano soprattutto le carrozze: quando ne trovo una comoda, e sto bene, come per questo film, viaggio in prima classe".
Come si è svolto il lavoro sul set? "Molti dei collaboratori venivano dal mondo di Paolo. Mi sono sentito protetto, come Gesù in una culla di vimini cucita da sarti esperti. Ho lavorato con Daria D’Antonio, direttrice della fotografia che è letteralmente una generatrice di luce. E con Danilo Rea, un musicista che crea melodia con la stessa naturalezza".
Il critico Paolo Mereghetti ha scritto che non sapeva se definirla più irritante o malmostoso. Ha ragione? "Spesso lo sono, ho una natura insopportabile. Quando cerco di essere suadente è uno sforzo sovrumano".
Cosa la lega a Bologna? "Quando vivevo a Padova, le due città si assomigliavano. Tornarci è sempre un piacere. A dire il vero, ogni volta che mi sposto da un luogo all’altro, sono felice perché mi allontano da me. Per questo mi piacciono i film che allontanano da se stessi".
Uno degli ultimi film che ha apprezzato? "‘Licorice Pizza’ di Paul Thomas Anderson. Oggi si usa la parola ‘capolavoro’ come un dado buttato a caso. Ecco, quel film è un capolavoro vero perché non sai spiegarti il motivo".
Quando parla di Bologna e Padova come città ‘sorelle’ si riferisce agli Anni ’80? "Esatto. Gli Anni ’70-’80. Ero segretario della sezione padovana della Fgci. Tempi in cui ho preso tante botte. Ne ho date, ma ne ho prese anche tante".
Amalia Apicella