Un giovane Morandi nel quadro dei misteri

In mostra a MAMbo opere del Maestro provenienti da una collezione privata. Ma nella parte posteriore di un autoritratto potrebbe esserci un altro dipinto

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Il mistero dell’autoritratto. C’è una storia affascinante e imprevista legata al quadro di Giorgio Morandi datato 1914 che rappresenta uno dei punti di eccellenza della bellissima mostra che si apre oggi e che viene ospitata fino al 26 febbraio nelle sale del suo museo a MAMbo. Raccoglie, questa esposizione curata da Mariella Gnani, le 37 opere della collezione di Antonio e Matilde Catanese generosamente messe a disposizione del pubblico: sono oli, acquarelli, incisioni e disegni aventi per soggetto i temi più cari della poetica morandiana (paesaggi, nature morte, fiori) a costituire di fatto un corpus completo del lavoro dell’artista. E c’è poi l’autoritratto.

E’ il primo dei sette che il maestro realizzerà in carriera (allora aveva 24 anni) ed è quello, ricorda la storica dell’arte Maria Cristina Bandera, che viene inviato nel 1939 all’esposizione di arte contemporanea di San Francisco su decisione di Brandi, Argan e Longhi. "Voglio che Morandi figuri da padrone", disse quest’ultimo per l’occasione. Recenti studi ai raggi X hanno mostrato che sulla tela originale dell’opera (nascosta dal restauro del telaio nel Dopoguerra) è contenuta una materia pittorica verde che lascerebbe intendere la presenza di un paesaggio. Niente di nuovo. Nel 2008 capitò che un restauratore, sfoderando il celebre Cactus allora destinato a una personale di Morandi al Metropolitan di New York, scoprisse nel retro della prima tela un autoritratto del 1919 che lo stesse artista aveva dichiarato di aver distrutto. Dunque, l’Autoritratto ora in mostra nasconde nella sua parte posteriore un’altra opera? Lo scopriremo a fine esposizione quando verrà inaugurato nelle sale del museo una sorta di cantiere restaurativo, in collaborazione con l’università di Urbino, aperto al pubblico per indagare l’enigmatico capolavoro. Al di là delle sorprese che ci potrà riservare, l’olio raffigurante un giovane col berretto calato sul capo e il capospalla nero resta colmo di suggestione in quella sua tonalità notturna e in quel suo rimando al primo cubismo e ai ritratti di Picasso.

La mostra ovviamente contiene molto altro, a partire dallo straordinario acquarello di Fiori datato 1918 ("sembra profumi", diceva ieri il novantenne collezionista Antonio Catanese). E poi, come si diceva, le nature morte, i paesaggi...: opere di formato diverso e di poetica empatica. Il 2023 ha già in agenda significativi appuntamenti legati al pittore di via Fondazza: a febbraio dovrebbe arrivare la sentenza di secondo grado sulla futura sede del museo cittadino mentre a settembre si aprirà a Palazzo Reale di Milano un’attesa esposizione. A cui Bologna offrirà un importante apporto.

Claudio Cumani

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