Un punto chiave resta quello della formazione

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Luigi

Patera*

Introdurre in città le ‘Zone 30’ può anche andare bene. Ma, da un punto di vista didattico, è un po’ una sconfitta. Perché se è vero che abbassare la velocità significa diminuire gli incidenti, è bene chiedersi perché questi accadono. Da un lato ci sono infrastrutture stradali spesso non adeguate, dal punto di vista tecnico, al traffico e ai mezzi di oggi: le rotatorie più vecchie, per esempio, si possono affrontare a 100 all’ora; le più recenti, molto più piccole, ti costringono a rallentare e imboccarle ai 30. È del tutto evidente che le conseguenze di un incidente sono radicalmente diverse. Come, purtroppo, dimostrano anche recenti sinistri. Resta poi la responsabilità di chi guida con comportamenti scorretti e pericolosi, mettendo a repentaglio la propria e la altrui salute. Se non la vita. Un altro punto chiave riguarda la formazione. Facciamo corsi di guida, ma purtroppo soprattutto i giovani, con il passare del tempo, finiscono spesso per esagerare. Per questo dico che deve esserci sinergia tra formazione e repressione. Ci vorrebbe maggiore aiuto da parte delle forze dell’ordine, che già fanno egregiamente il loro lavoro. È necessario l’impegno congiunto di chi fa formazione (a tutti i livelli) e di chi deve fare rispettare le norme, anche con rigore. Questa sinergia deve produrre una consapevolezza nuova, un messaggio importante: non devo violare le regole perché, così facendo, metto a repentaglio la mia vita e quella degli altri. Non perché se no prendo la multa. Passo con il verde perché è sicuro, mentre con il rosso mi faccio (o faccio) male. È un discorso di cultura. Se non si raggiunge questo risultato, chi va ai 150 in città continuerà a farlo, anche con le ‘Zone 30’.

*Coordinatore regionale

delle Autoscuole Confarca

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