"Una nuova ’Caccia alla speranza’"

La coreografa Doherty stasera porta ’un classico’ a Gender Bender. "Parla di classe operaia, demoni: di tutti"

"Una nuova ’Caccia alla speranza’"

"Una nuova ’Caccia alla speranza’"

Un’auto arriva con la musica a tutto volume, frena, dal cofano esce una persona: lo spettacolo è già cominciato. Danza, teatro e denuncia sociale arrivano questa sera alle 21 al Tpo per Gender Bender con Hope Hunt & The Ascension Into Lazarus di Oona Doherty, coreografa classe 1986 dell’Irlanda del Nord, Leone d’argento a Venezia nel 2021. Potentissima in questa interpretazione che smonta lo stereotipo del maschio della classe operaia, svelandone i meccanismi di difesa contro il proprio io e il mondo esterno, la Doherty portò già a Gender Bender questo spettacolo nel 2018. Poi ha proseguito il suo lavoro, cercando però danzatori cui passare il testimone della sua interpretazione, un bell’atto di evoluzione. Uno scenario molto in sintonia con quello di un festival che in questa prima edizione a pieni palchi, dopo tre anni di restrizioni post covid, può chiudere con soddisfazione, dopo continui sold out e eterogeneità di pubblico.

Signora Doherty, ‘Hope Hunt’ è diventato un "classico", anche se nel 2016, quando debuttò, fu accolto come innovazione totale. Cosa ne pensa?

"Sono così felice, non avrei mai immaginato una cosa del genere. È stato il mio primo lavoro ed è ancora in tournée anche adesso perché Sati Veyrunes e Sandrine Musafa, i nuovi danzatori cui l’ho trasmesso, danno nuova vita al ruolo. E Maxime, l’autistadj, porterà una nuova colonna sonora, il che significa che possiamo restare al passo con i tempi! Nel 2026 sarà il decimo anniversario, spero di andare avanti fino ad allora e di fare una sorta di nuova versione con tutto il vecchio cast per celebrare la famiglia degli Hunters".

È stato difficile trovare altri performers?

"No, Sandrine e Sati, che sarà a Bologna, si sono fatti notare. Ero preoccupata per il testo e per come sarebbe stato letto, ma funziona benissimo... una volta fatte le audizioni rimasi stupita da quanti ballerini di talento ho potuto incontrare".

Qual è la sua idea coreografica nella scena contemporanea?

"Provare a mescolare atletismo, virtuosismo con sentimenti sinceri, spingere i limiti della carne senza astrarre o oggettivare".

Come ha tradotto l’umanità di Belfast in coreografia?

"È successo causalmente. Hope Hunt, ovvero ‘la caccia alla speranza’ è stata originariamente danzata da Neil Brown di Glasgow. Poi ho preso il ruolo, ma forse Glasgow e Belfast hanno molte somiglianze, non ci siamo mai concentrati su Belfast. Tratta di classe operaia, lotta, ambizione, demoni: allora si può dire che parla della realtà di tutti".

Benedetta Cucci