Una tre giorni di Ombre lunghe "Il coraggio di sperimentare"

Di Maio sul festival che unisce arte ed elettronica fra AngelicA, Teatro San Leonardo e AtelierSì

Una tre giorni di Ombre lunghe   "Il coraggio di sperimentare"

Una tre giorni di Ombre lunghe "Il coraggio di sperimentare"

di Francesco Moroni

Di Maio, perché la "trasparenza del fantasma come mezzo d’indagine"?

"Il tema deriva dallo scrittore giapponese Abe Kobo, considerato il Kafka d’Oriente: ha scritto libri bellissimi come La donna di sabbia e Il quaderno canguro. Ha un rapporto stretto con i fantasmi e li interpreta come degli ‘squarci nel muro’, qualcosa che permette di andare oltre. I concept del festival, nel tempo, sono maturati tutti da interessi personali miei e dell’altra organizzatrice, Silvia: amiamo il Giappone e la letteratura surrealista, e ci sembrava azzeccato proporli in questa edizione". Uno squarcio nel muro: da cinque anni, Ombre lunghe segue proprio questo obiettivo. Un festival capace di unire cultura e musica elettronica, installazioni (come quelle del collettivo Asap) e incontri. Domenico Di Maio, responsabile dell’evento, racconta la genesi del progetto che da oggi a domenica riempirà gli spazi di AngelicA, al Teatro San Leonardo, e AtelierSì: si parte alle 21 con il live di Heith, progetto di Daniele Guerrini, accompagnato alla batteria da Alexander Iezzi, per proseguire al Sì con Bangutot e Upsammy. Domani, dalle 23, al Sì tre ‘live set’ di respiro internazionale: dal bolognese Presente all’egiziano Abadir, fino alla producer Aya Sinclair. A chiudere, l’estroso set di dj Marcelle, quarant’anni di esperienza. Domenica il prologo gratuito, dalle 18 al Sì, con Money Lang e Ssiege.

Installazioni immersive e musica sperimentale, dunque.

"Alla base di Ombre Lunghe c’è il coraggio, perché le arti performative e sperimentali fanno paura. L’invito è quello di rompere questo pregiudizio creato dalla società del gusto per addentrarsi verso pratiche nuove".

La scelta dei musicisti è cucita su misura?

"Non sono solo musicisti, ma anche performer, scrittori, produttori. In loro si trova già questa volontà di squarciare la realtà attuale. Anche nella line-up troviamo elementi con un approccio magari più istituzionale, come dj Marcelle, ma è l’innovazione a farla da padrone".

I luoghi sono scelti appositamente?

"Ci piace creare delle ‘stanze indefinibili’. Spazi dove possiamo mettere le mani e dare vita a una sospensione: rende più forte la fruizione dell’evento, rispetto a un tradizionale concerto. I teatri sono perfetti perché permettono di allestire in un modo diverso, con un approccio differente, partendo dalle luci".

Bisogna insistere su questo ‘squarcio nel muro’, promuovendo le arti sperimentali?

"E’ una pratica soggettiva, non penso ci sia una regola, ma credo che la pandemia sia stata uno spartiacque. Lo si vede da quello che segue il pubblico e le cose sono cambiate per gli organizzatori: c’è più attenzione alle spese e quindi, se ci si vuole buttare in qualcosa di innovativo, ci si pensa due volte. Questo ha portato a un appiattimento generale dal punto di vista artistico. Per evitarlo si devono creare contenuti con passione, e un approccio sperimentale può riabilitare il panorama culturale".

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