Uno Bianca: i documenti al vaglio della Digos

Simonetta Bersani, l’ex carabiniere Enzo e le note "contraddittorie" sulle armi. L’obiettivo è verificare se emergono nuovi elementi di rilievo penale

La notte della strage del Pilastro, il 4 gennaio 1991

La notte della strage del Pilastro, il 4 gennaio 1991

Bologna, 28 gennaio 2021 - Una vicenda che si riapre trent’anni dopo, con i suoi tanti, troppi misteri. Sarà la Digos a portare avanti gli approfondimenti necessari a valutare l’eventuale presenza di fatti penalmente rilevanti a partire dall’esposto e dall’informativa dei carabinieri confluiti nel fascicolo conoscitivo aperto ieri l’altro dal procuratore capo Giuseppe Amato. L’incarico è stato assegnato ieri mattina. Agli agenti spetterà raccogliere e analizzare i documenti giunti nei giorni scorsi sul tavolo della Procura; già ieri, perciò, è stato sentito lo scrittore Massimiliano Mazzanti, per fornire una copia del proprio libro e illustrare meglio l’esposto legato ai documenti "contraddittori" sul fucile di Fabio Savi. Così, si riaccendono i riflettori sulla banda capeggiata dai fratelli Savi, i poliziotti Alberto e Roberto e il ’lungo’, il camionista Fabio. A partire dalla maledetta notte del 4 gennaio 1991, quando sull’asfalto del Pilastro rimasero i tre carabinieri poco più che ventenni Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini.

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Questa volta i riflettori potrebbero concentrarsi sui personaggi più sfuggenti. Come Simonetta Bersani, la superteste che nel 1992, ancora minorenne, indicò come autori della strage i due fratelli William e Peter Santagata. Seguì il processo, e solo l’arresto e la confessione dei Savi, portò all’assoluzione (e successivo risarcimento) dei due, a quasi un passo dalla condanna. Bersani fu indagata per calunnia, ma tutto finì prescritto. Già da anni la donna non vive più in città, mentre il padre Marino, autore della telefonata intercettata e ora tornata al centro delle indagini, è deceduto.

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L’uomo, parlando con l’amico ed ex carabiniere Enzo, nel 1992 raccontava di "capi" che sarebbero "saltati addosso subito" alla figlia proprio una manciata di giorni prima che la giovane per la prima volta collocasse i Santagata sulla scena del crimine. In più, questi "capi" avrebbero riferito alla ragazzina di non preoccuparsi: " Noi ti salviamo, perché siamo tutti con te...noi il C... il C.N.N.". Ma chi sono i capi? Cosa significavano quelle sigle? Sentito nel processo del 1996, Marino Bersani disse di "non ricordare".

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Nel frattempo, sono già stati recuperati dalla Digos i documenti sul fucile Sig Manurhin utilizzato nella strage al Pilastro, quello del febbraio ’91, in cui il vicequestore di Rimini rivelò alla Criminalpol che un’arma di quel tipo risultava in possesso di Fabio Savi, e l’atto di quattro anni dopo, quando invece la Digos definì l’arma "inedita" fino a quel momento. Ora, tutti questi elementi verranno scandagliati e magari, se necessario, i vecchi protagonisti ancora in vita rintracciati.

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