Bologna, buttafuori ucciso. Il killer di Valeriano Poli preso dopo 20 anni

Stefano Monti, 59 anni, è stato arrestato per l'omicidio del 5 dicembre del 1999. Incastrato da una nuovissima tecnica in 3D

Stefano Monti, 59 anni, è stato arrestato per omicidio aggravato (foto Schicchi)

Stefano Monti, 59 anni, è stato arrestato per omicidio aggravato (foto Schicchi)

Bologna, 4 giugno 2018 – Dopo quasi vent’anni ha un nome e un volto l’autore dell’omicidio di Valeriano Poli. La polizia, infatti, grazie a una certosina indagine e alle più sofisticate e innovative tecnologie scientifiche, è riuscita a risolvere questo famoso cold case bolognese (FOTO).

In manette è finito Stefano Monti, 59enne bolognese, arrestato questa mattina sulla base di un’ordinanza cautelare emessa dal gip che ha accolto la richiesta della Procura. Le indagini sono state condotte dai poliziotti della Sezione omicidi della Squadra mobile di Bologna, con l’importante contributo dell’Udi (Unità delitti insoluti) della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Il brillante risultato investigativo è stato raggiunto grazie ad un’innovativa tecnica di comparazione tridimensionale, utilizzata per la prima volta in Italia in ambito forense, denominata Analysis of virtual evidence (ossia il cosiddetto teatro virtuale). È stato così possibile, a distanza di molti anni dal delitto, raccogliere un quadro indiziario grave, preciso e concordante a carico dell’arrestato (VIDEO).

AGGIORNAMENTO Stefano Monti, nell'ordinanza del gip il ritratto del 'mafiosetto' - Stefano Monti suicida in carcere

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Oltre all’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Monti, c’è un altro uomo, bolognese, indagato in stato di libertà per favoreggiamento personale.

La storia parte da molto lontano. Il 5 dicembre 1999, alle 23,15, il cadavere di Valeriano Poli, di professione buttafuori, viene trovato in strada in via Foscherara 4/11, vicinissimo alla sua residenza, colpito da cinque colpi di pistola, di cui uno mortale alla testa. I sopralluoghi stabiliscono che l’assassino, armato di una calibro 7,65, ha colpito una distanza non superiore ai 6 metri. Viene poi sequestrato poco lontano, nei pressi di un cavalcavia, un caricatore di pistola contenente 11 proiettili, mentre attorno alla vittima vengono trovati 8 bossoli dello stesso calibro. Il giorno seguente, in un orto lungo via Foscherara, viene poi trovata e sequestrata la pistola utilizzata per compiere il delitto, una Carl Walther Spec Ausf calibro 7,65, completa di silenziatore e con caricatore inserito privo di munizioni.

Dopo la riapertura del caso, le indagini della Mobile si sviluppano in un ambiente pervaso da profonda omertà e portano ad accertare che il movente del delitto è una lite avvenuta circa 9 mesi prima all’esterno di una nota discoteca bolognese. Poli, responsabile del servizio di sicurezza della discoteca, aveva avuto una discussione per futili motivi con Monti e altri suoi amici. Nella lite il buttafuori aveva avuto la meglio e il rivale, quasi svenuto per i colpi subiti, l’aveva minacciato di morte: "Tanto torno con il cannone...".

Dopo la lite, peraltro, erano iniziati ripetuti ed espliciti atti intimidatori nei confronti di Poli: spilloni funebri ( le cosiddette 'Stecche per Corone') sull’auto, bossoli e proiettili sparati dalla stessa arma che poi l’avrebbe ucciso, lettere minatorie. Minacce reali, che il buttafuori percepì come tali. "Ho i giorni contati", confidò a chi gli era vicino. Uno scenario che ha portato, insieme ad altri elementi, a contestare la premeditazione al killer.

E arriviamo, così, alle nuove prove: l’attuale impianto accusatorio si fonda su un nuovo ed oggettivo elemento di prova, ossia la riscontrata presenza, sugli scarponcini indossati dalla vittima al momento dell’omicidio, di tracce di sangue risultate certamente riferibili, attraverso l’individuazione del profilo genetico, proprio a Stefano Monti. Questo risultato è stato raggiunto grazie all’attività svolta dall’Udi, istituita nel 2009 presso la Direzione Centrale Anticrimine e composta da un gruppo di specialisti che analizza i cold case attraverso le più moderne tecnologie attraverso le quali è stato possibile dimostrare scientificamente che il sangue presente sulle calzature di Valeriano Poli era stato lì trasmesso da Monti proprio la sera dell’omicidio.

In particolare l’unico elemento in grado di contestualizzare questo fatto era un video di un battesimo, che inquadra Poli con indosso le stesse scarpe pochi giorni prima dell’omicidio. In considerazione della ridotta qualità del video e dell’impossibilità di effettuare un esperimento giudiziale a causa del tempo trascorso, che rappresentano i tradizionali accertamenti per elaborare immagini, è stato appunto necessario ricorrere all’ innovativa tecnica di comparazione tridimensionale “Analysis of virtual evidence”. 

L’analisi delle immagini è stata effettuata comparando tra loro i frame estratti dal video con un ambiente virtuale ricostruito in 3D, dove attraverso una scansione laser la scarpa da reperto fisico si è trasformata in una “virtual evidence” digitale. Gli accertamenti svolti con una perfetta sovrapposizione della virtual evidence del reperto costituito dallo stivaletto sinistro sulle immagini registrate, ha consentito ai tecnici di determinare in via definitiva che sulle scarpe riprese nel video non sono presenti le macchie di sangue riscontrate il giorno dell’omicidio.

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