Vanoli e le stagioni della storia

Lo storico e scrittore oggi all’Archiginnasio presenta l’ultimo libro ’Estate’ che chiude il ciclo

Vanoli e le stagioni della storia

Vanoli e le stagioni della storia

di Francesco Moroni

"Eccoci arrivati alla fine di quella che, almeno per me, è stato una lunga quadrilogia. La racchiuderei in qualche anno di piccola avventura editoriale passata con ‘Il Mulino’ e con l’idea di portare su carta la storia delle stagioni. Occhio, però: sempre dal punto di vista di uno storico…". Alessandro Vanoli, scrittore e docente di storia, racconta così la sua ultima pubblicazione ‘Estate. Promessa e nostalgia’, uscita appena la scorsa settimana. L’ultima fatica della saga delle ‘Stagioni’, partita con ‘Inverno’ nel 2018 e proseguita nel 2020 come gli altri due volumi, va avanti nel raccontare quel rapporto sempiterno tra uomo, natura e l’incedere del tempo, attraverso l’arte, la letteratura, la regione, la musica che scandiscono il passare delle nostre stagioni.

Vanoli sarà oggi pomeriggio alle 17.30 nella sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio per presentare il volume durante l’incontro ‘Il tempo interiore della storia attraverso le stagioni’ (ingresso libero, info: bibliotechebologna.iteventsil-tempo-interiore-della-storia).

Vanoli, come osserva le stagioni uno storico quindi?

"Lo fa provando a raccontare il rapporto che noi uomini, come società e come cultura, abbiamo sempre avuto nei confronti della natura. Ed è interessante vedere come si inserisca in questo il fenomeno dei cambiamenti climatici…".

Il passato cosa racconta?

"Il clima emerge in tanti aspetti, basti pensare ai riti agrari, alle feste per il periodo delle messi mature e così via. Ma anche come si reagiva banalmente alla pioggia, al freddo e alle condizioni avverse, e quindi come ci si vestiva, cosa si ascoltava, cosa racconta l’arte di determinati periodi. Tutti questi segnali contribuiscono a ricostruire la storia e quel rapporto che volevo indagare: sapete, di questi tempi, ci si sente spesso lontani e avversi, mentre bisogna ricordarsi che le radici sono ancora lì".

L’incontro come si svilupperà?

"Si parla di estate, e quindi è una sorta di saluto finale in questa storia. In sostanza andrò a riprendere in mano tutte le stagioni per un racconto organico: è quello che sto facendo in giro per i teatri d’Italia. Lo spettacolo è un modo per tirare le fila e raccontare in maniera leggera, con l’aiuto di immagini e brani, il mio lavoro".

‘Estate’, nello specifico, cosa trasmette?

"Sapevo che avrei scritto questo libro per ultimo. I motivi sono due: in primis, perché le stagioni piene sembrano sempre un inizio o una fine, con il massimo del freddo e del caldo ad esempio. Le feste di San Giovanni a giugno, nello specifico, sembrano un altro capodanno".

Si evince anche con la ciclicità dell’anno accademico, che parte da settembre. E l’altro motivo, invece, qual è?

"Io odio l’estate (ride, ndr)".

Seriamente?

"Sì, non sto scherzando. Ma al di là di questo, mi sembrava il giusto percorso da seguire".

Il pubblico che riscontro le sta dando?

"Il ciclo dei lettori si è rivelato fortunato, anche se le uscite non lo sono state del tutto, essendo incappate nel periodo della pandemia. Ma mi fa piacere vedere come i lettori seguano molto il mio lavoro, avanti e indietro, spesso ritrovando se stessi. Credo possa essere un piccolo viatico per ricordarsi come questo nostro rapporto con il tempo e la natura sia vivo più che mai".

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