Vasco Rossi, l'ex manager Salvati condannato a due anni

Per il reato di calunnia, nel processo sul patto di riservatezza. E' stato assolto dall'accusa di falso. Il rocker: "Sono contento, ma resta l'amarezza di un'amicizia che è stata tradita"

Stefano Salvati, ex manager di Vasco Rossi, condannato a 2 anni (foto Ansa)

Stefano Salvati, ex manager di Vasco Rossi, condannato a 2 anni (foto Ansa)

Bologna, 24 maggio 2017 – L'ex manager di Vasco Rossi Stefano Salvati è stato condannato a due anni per calunnia nei confronti del rocker e al risarcimento di 10mila euro al cantante che si era costituito parte civile. Salvati è stato assolto dall'accusa di falso, perché nel frattempo il reato è stato depenalizzato.

Il processo è quello che ha visto Salvati sotto accusa per calunnia e falso perché, secondo la Procura, avrebbe falsificato il patto di riservatezza gratuito aggiungendo la clausola che prevedeva un compenso di 200mila euro all’anno per trent’anni, per un totale di sei milioni. Per Vasco, che ha testimoniato in Tribunale come parte offesa lo scorso febbraio, quell’accordo era a titolo gratuito, per Salvati a titolo oneroso, 200mila euro all’anno per 30 anni.

Nell'ambito della sentenza, il giudice Valentina Tecilla ha dichiarato falso l'atto a titolo oneroso. 

Il patto di riservatezza è stato fonte di una durissima disputa fra il Komandante e il regista bolognese Salvati, autore di videoclip e lungometraggi e fidato manager del Blasco con pieni poteri fino alla rottura. Una battaglia legale senza esclusione di colpi, con tanto di causa civile e querele incrociate. 

L'avvocato di Vasco, Guido Magnisi, ha subito telefonato al rocker dopo la sentenza: "Sono contento di come è finito il processo - ha commentato il cantante dalla Puglia, dove si trova per le prove del concertone del primo luglio a Modena -, anche se resta in me una grande amarezza perché la mia amicizia è stata tradita". Il Blasco, come precedentemente annunciato, devolverà in beneficenza il risarcimento, al gruppo Abele di don Ciotti.

L'ex manager, difeso da Raffaele Miraglia e Francesco Tafuro, dopo la lettura del dispositivo della sentenza ha annunciato che farà appello. "Le prove e i documenti - ha detto - erano estremamente chiari". Il 10 aprile 2013, il giorno in cui risulta firmato l'accordo gratuito, "io non ero in ufficio - ha aggiunto l'imputato - e questo è stato detto anche da un testimone". "Evidentemente - ha aggiunto la compagna - la giustizia italiana non funziona".

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