Bologna, 10 settembre 2021 - Due anni sulla carta, ma la pena è sospesa a condizione che l'ex manager versi a Vasco Rossi il risarcimento del danno, fissato in 10mila euro. E' finita così anche in Corte di Appello la querelle giudiziaria tra il regista Stefano Salvati che aveva citato per calunnia Vasco Rossi di cui è stato manager tra fine 2012 e il 2013. Un rapporto professionale finito burrascosamente.
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Salvati nel 2012 citò in giudizio civile il cantante, chiedendo il pagamento della prima rata prevista dall'accordo sulla privacy, a suo dire oneroso: sei milioni in 30 anni, 200mila euro all'anno. Per Rossi, che querelò il regista, fu effettivamente firmato un accordo, ma gratuito e uguale a quelli sottoscritti con altri collaboratori. Quello a pagamento, invece, era falso, come stabilito anche dal tribunale, nel quale testimoniò lo stesso Rossi.
La Corte di appello di Bologna, dopo una lunga camera di consiglio, ha confermato la sentenza anche per il fatto che la sospensione condizionale della pena è subordinata al risarcimento del danno, 10mila euro. "Vasco è soddisfatto e ribadisce che non cercava vendetta", ha detto l'avvocato del rocker, Guido Magnisi, parte civile. Salvati è difeso dall'avvocato Raffaele Miraglia che invece ha commentato: "Aspettiamo di vedere le motivazioni e poi faremo ricorso in Cassazione".
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