Vergato un anno dopo: "Il nostro ospedale in trincea contro il Covid"

Nell’aprile 2020 la riconversione della struttura in Appennino. Il racconto dei medici: "In 24 ore il reparto cambiò per sempre"

Migration

Il primo di aprile ha celebrato l’anno di Covid hospital, struttura cioè diventata interamente dedicata ai pazienti affetti da Coronavirus. E da quel giorno il centro di Vergato di passi in avanti ne ha fatti tanti. "Inizialmente – spiega Romina Di Agostino, dirigente medico di quella che era la ’vecchia’ Medicina interna – ci siamo trovati di fronte a qualcosa di sconosciuto e la paura di affrontare questa nuova malattia, di infettarsi e portarla a casa, era tantissima. Oggi invece, un anno dopo, il Covid lo conosciamo, facciamo aggiornamenti continui, abbiamo i dispositivi di protezione ma soprattutto i vaccini". E la dottoressa Di Agostino è stata la prima del suo reparto a farsi iniettare la dose l’ultimo giorno del 2020. "E non vedevo l’ora – riprende – perché il vaccino ci ha permesso di affrontare il paziente con maggiore consapevolezza e tranquillità".

Vergato come Bentivoglio, San Giovanni e interi reparti di Maggiore e Sant’Orsola dedicati esclusivamente al Covid. Dove il ricambio dimissioniricoveri è continuo e "il turn over – sottolinea Nicolino Molinaro, direttore del reparto – è pari al 100%".

Primo aprile 2020, il virus era tra noi già da un paio di mesi e contagi e ricoveri aumentavano secondo dopo secondo. In quel momento all’ospedale di Vergato tutto mutò, come afferma Monica Parazza, dirigente medico: "Quella giornata ce la ricorderemo per sempre, – attacca – il giorno prima avevamo ricevuto la comunicazione ufficiale che l’intera struttura avrebbe ospitato solamente pazienti Covid. Abbiamo avuto un incontro con il responsabile di Malattie infettive dell’azienda che ci illustrò come agire e lavorare in un ambiente di isolamento. Poi alcuni operatori ci spiegarono come doveva avvenire la vestizione di noi sanitari".

E mentre il personale medico veniva aggiornato in fretta e furia, in un clima di forte stress e paura per ciò che si sarebbe andati ad affrontare, la Medicina interna cambiava volto: la striscia rossa a terra a dividere la parte sporca da quella pulita, gli spazi interamente riallestiti, ma soprattutto i pazienti presenti non Covid trasferiti o dimessi subito. "Sono state ore frenetiche, ma ce l’abbiamo fatta. Oggi tutto ciò che facevamo prima ce lo sogniamo alla notte e il nostro desiderio più grande è tornare alla normalità".

Uno dei momenti più difficoltosi, durante quel cambiamento epocale, è legato alla vestizione. "Inizialmente seguivamo le direttive dei cartelli e il tempo impiegato per ogni cambio era molto. Ora è diventata un’abitudine. Ciò che richiede ancor più attenzione è la svestizione – precisa ancora il medico – perché dobbiamo evitare di contaminarci".

Oggi a Vergato il paziente più giovane ha 50 anni, nei giorni scorsi è stato dimesso un 38enne, segno che rispetto alla prima ondata il virus non colpisce duramente più solo persone fragili e anziane. "Questo maledetto virus – chiude Parazza, uno dei sanitari contagiati nel piccolo cluster in struttura scoppiato tra ottobre e novembre – non guarda in faccia a nessuno e spesso non perdona. Usiamo la testa e continuiamo a tenere l’allerta massima".

Nicola Bianchi

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro