Vermicino, riflessioni su una tragedia

Una pièce teatrale (’La notte in cui restammo tutti svegli’) e tre incontri ripercorrono il dramma di Alfredo Rampi quarant’anni dopo

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di Claudio Cumani

Dicono che lì nacque la tv del dolore. Di certo quella diretta lunga 18 ore della Rai attorno al pozzo di Vermicino, dove era caduto il piccolo Alfredo Rampi, aprì una pagina inaspettata e profetica su una comunicazione che, senza rendersene conto, si era trasformata in un reality show tragico e condiviso. Era la sera del 10 giugno 1981 quando Alfredino finì in un pozzo artesiano largo 28 centimetri e profondo 80 metri nella campagna attorno a Frascati. Le inutili operazioni di soccorso durarono tre giorni: si calarono speleologi, si cercò di costruire con trivelle un pozzo parallelo, si instaurò un collegamento di fortuna con il bambino. Arrivò la tv a reti unificate, si accalcarono nella zona oltre diecimila persone fra cui molti ambulanti, intervenne il presidente Pertini che parlò a lungo con Alfredino restando sul posto tutta notte.

Man mano le ore passavano, la percezione della tragedia avanzava: si calò un volontario, Angelo Licheri, che raggiunse il bambino senza riuscire a imbragarlo, ci provò un contorsionista, ci tentò lo speleologo Claudio Aprile. Niente da fare. Alle 9 del 13 giugno lo stetoscopio calato per verificare il battito cardiaco rivelò che il piccino era morto. La sua salma sarebbe stata recuperata da tre squadre di minatori 28 giorni dopo. Questa pagina di cronaca lontana (i 40 anni della tragedia saranno ricordati a fine giugno anche da una mini-serie tv su Sky con Anna Foglietta e Vinicio Marchioni) ha suggerito a una neo-associazione di giovani attori, Cu.Bo, di avviare una riflessione su come generazioni distanti siano animate dai medesimi sentimenti.

È nato un articolato progetto (nell’ambito di ‘Bologna Estate’) ospitato nel chiostro del teatro San Martino in via Oberdan 25 e composto da tre incontri, coordinati da Patrizio Roversi, e uno spettacolo (‘La notte in cui restammo tutti svegli’) scritto e diretto da Alessandro Migliucci. Spiega il regista: "La storia di Alfredino dimostra come un mezzo di comunicazione di massa possa in modo quasi morboso collocare le nostre coscienze sulla sottile linea tra la sofferenza e la speranza".

Francesco Vaira, presidente di Cu.Bo, spiega che i tre incontri si terranno venerdì, sabato e domenica sempre alle 18,30. Al primo, dedicato al dialogo intergenerazionale, interverranno l’arcivescovo Matteo Zuppi, il medico Claudio Borghi, l’organizzatrice Cira Santoro e lo youtuber Nicolas Paruolo. Il direttore del Piccolo Claudio Longhi, il regista Pietro Floridia e la ricercatrice Alessandra Gigli saranno protagonisti del set sui linguaggi. Domenica infine attorno al tema della genitorialità si confronteranno l’attore Mario Perrotta, l’attrice Paola Roscioli, la docente Annalisa Guarini e la digital creator Martina Domenicali.

Lo spettacolo, che vede fra i 20 interpreti Donatella Allegro e Alessandro Pilloni, andrà in scena dal 26 maggio al 3 giugno sempre alle 20. Cu.Bo, come sottolinea la giovane attrice Elena Patanè, si muoverà nei prossimi mesi sulla interdisciplinarità dei linguaggi puntando su laboratori teatrali, corsi di formazione e festival.

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