Per gli amanti della radio, della sua funzione ancora oggi affascinante e del suo design che ha saputo catturare, attraverso i decenni, lo spirito del tempo, è in arrivo alla Fondazione Massimo e Sonia Cirulli di San Lazzaro di Savena dal 5 al 31 ottobre, una mostra gustosa dal titolo Radio Design: l’evoluzione estetica degli apparecchi radiofonici, curata dal designer e ingegnere piemontese e bolognese d’adozione Davide Vercelli, che è anche il papà dei 50 pezzi selezionati dalla sua collezione di circa 1.200 radio. La mostra (che contiene anche tre radio Ducati) ha debuttato a Milano e parte dagli anni Venti arrivando ai Novanta, in occasione dei 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi e dei cento anni dalla prima trasmissione radiofonica libera.
Vercelli, quando ha iniziato a collezionare radio e perché?
"Ho iniziato circa 30 anni fa, ma la fascinazione per la radio inizia quando ero piccolo e vedevo quella a valvole dei miei nonni, con questo vetro dietro cui ci sono le lampadine che si illuminano e la sintonia che porta stazioni che sono poi le voci delle città del mondo, che fascino! Ora che so perché questa cosa accade, ma trovo ancora una grande magia in questa invenzione che più di ogni altra ha rivoluzionato la nostra vita e che io tendo a trasfigurare. E così quando acquisto e restauro è perché vedo dentro all’apparecchio delle idee".
Per lei la fascinazione oggi è soprattutto relativa al design?
"I primi apparati erano assolutamente indistinguibili da un oggetto di design, erano apparati scientifici, il design non interessava a nessuno allora. Negli anni Venti, quando inizia la trasmissione di contenuti diversi da quelli precedenti, della musica ad esempio, allora la radio diventa un oggetto più interessante e i designer iniziano a lavorarci".
Come ha pensato il racconto? "Lo storytelling è in nove tappe e in relazione ai contesti socioeconomici. L’oggetto più vecchio non è una radio ma un altoparlante, un oggetto della Philips del 1927 disegnato da Louis Kalff nella sezione dedicata alle bacheliti. Da lì il viaggio arriva fino agli anni Novanta con due radio di Philippe Starck. Non volevo una mostra con un andamento cronologico ma tematico, trattando i temi delle storie che in parte riguardano le aziende, le persone, i governi. Le aziende hanno un valore significativo per il design delle radio e io ho scelto Brion Vega che ha saputo utilizzare il design come strumento di penetrazione di mercati di successo, Brown che oggi è conosciuta per gli spazzolini elettrici ma che ha inventato il minimalismo".
E poi Ducati, che parla del nostro territorio.
"Certo, c’è Ducati, conosciuta universalmente per le moto, che ha iniziato la propria attività con una serie di brevetti scientifici e tre modelli di radio che sono in mostra. Hanno una sezione di radio che è un quarto di ellisse in legno di pero bianco della Sardegna, i comandi e la griglia dell’altoparlante verdi, di totale avanguardia ancora oggi. Alla Ducati intuirono per primi che un mobile costruito in un determinato modo poteva migliorare le caratteristiche acustiche. La Ducati Papale, con design avveniristico, è l’oggetto più raro della mostra".
La radio più strana?
"Una radio di Keith Haring nella sezione Outsider. L’artista newyorkese negli anni Ottanta aprì un suo negozio prima a New York e poi a Tokyo, si chiamava Pop shop. Da lì arriva la radiolina Three Eyed Monster,col suo mostro a tre occhi. La acquistai da una collezionista della grande Mela che la comprò a quel tempo al Pop Shop e non l’aprì mai. Si vede nella sua confezione".