CHIARA GABRIELLI
Cronaca

Vigilessa uccisa, il processo. La scena del delitto in video. Il pianto della mamma

L’ex comandante Giampiero Gualandi accusato dell’omicidio della collega. Un carabiniere testimonia: "Non si pulisce un’arma carica come ha fatto lui".

L’ex comandante Giampiero Gualandi accusato dell’omicidio della collega. Un carabiniere testimonia: "Non si pulisce un’arma carica come ha fatto lui".

L’ex comandante Giampiero Gualandi accusato dell’omicidio della collega. Un carabiniere testimonia: "Non si pulisce un’arma carica come ha fatto lui".

Il contratto di sottomissione sessuale, le riprese video della scena del delitto subito dopo lo sparo con il corpo esanime a terra, le testimonianze che si susseguono con i dettagli dell’omicidio in un’udienza di sette ore. Un’udienza difficile da ascoltare, per i contenuti e le immagini forti, soprattutto per i genitori di Sofia Stefani, vigilessa di 33 anni, uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo al volto nella sede del Comando di Anzola partito dalla pistola di ordinanza dell’ex comandante di polizia locale di Anzola, 63 anni. Lui, che ora è ai domiciliari e rischia l’ergastolo, accusato dell’omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva con la vittima (con cui aveva una storia extraconiugale) e dai futili motivi, ieri era in aula per la prima volta, in completo grigio gessato, seduto accanto ai suoi avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli, alla seconda udienza del processo di primo grado davanti alla Corte d’Assise presieduta dal giudice Pasquale Liccardo. Gualandi ha sempre sostenuto che lo sparo partì per errore in seguito a una colluttazione. Scoppia in pianto la mamma della vittima, confortata dal marito e dall’avvocato Andrea Speranzoni, mentre il papà distoglie lo sguardo quando vengono mostrate in aula le riprese della scena del delitto subito dopo lo sparo, nel video realizzato dai carabinieri che per primi arrivarono al Comando, Giuseppe Di Pasquale e Luca Ghirelli, in cui si vede il corpo esanime della ragazza sul pavimento dell’ufficio di Gualandi. "Faccio questo mestiere da 32 anni e di armi ne ho pulite. Non si può pulire un’arma con il caricatore inserito – spiega Ghirelli, uno dei testimoni sentiti ieri –. Quella è una cosa che subito non mi è tornata, specie per una persona come l’imputato che ha così tanta esperienza in servizio. Trovare un’arma con una cartuccia inserita contrasta con l’atto della pulizia dell’arma. Se qualcuno avesse premuto nuovamente il grilletto, avrebbe sparato nuovamente". Tutto è accaduto in tre minuti, poco più, poco meno: questa la ricostruzione dei carabinieri, riferita in aula ed effettuata "tramite l’analisi degli spostamenti di Stefani con lo scooter". "Ho trovato Gualandi chino sulla Stefani – la deposizione di Di Paquale –, aveva le mani sul suo petto. Ci siamo guardati, lui mi ha detto: ‘Stavo facendo il massaggio (cardiaco, ndr)’. Poi ho chiesto cos’era successo, ma lui non rispondeva, non parlava". Sono stati sentiti anche i due colleghi di Gualandi presenti al momento dell’omicidio, Catia Bucci e Michele Zampino. Quest’ultimo riferisce che subito dopo lo sparo, Gualandi era al telefono con il 118 e gli disse: "Chiama il 112", Zampino chiese: "Cosa devo dire?". E lui: ’Dì che è partito un colpo". Tutti i testimoni concordano sul fatto che subito dopo Gualandi fosse "molto calmo, non piangeva". La procuratrice aggiunta Lucia Russo ha ripercorso i momenti delle settimane precedenti l’omicidio, parlando di "assoluta doppiezza" dell’imputato" che "veniva a trovarsi prigioniero del castello di menzogne da lui costruito". Quanto al contratto di sottomissione sessuale tra il Padrone-Commissario-detto Il Supremo e la Schiava-Sottomessa, una versione modificata di quello presente nel libro "Cinquanta sfumature di grigio", Russo ne definisce i contenuti "degradanti", mentre Benenati parla di "un gioco", di un patto tra due adulti "non vincolante" e "privo di efficacia e validità".