Villa Inferno Bologna, anche Cresi fa appello

L'inchiesta sui festini di coca e sesso

Fabrizio Cresi

Fabrizio Cresi

Bologna, 6 luglio 2022 - "Cresi non sarebbe mai stato nella possibilità di procacciare clienti alla ragazza negli Emirati Arabi, nè di metterla nella condizione di prostituirsi a suo vantaggio, tenuto conto che quel mondo è sempre stato a lui sconosciuto". Tocca a Fabrizio Cresi (foto) – dopo Marchesini e Randazzo –, parrucchiere originario di Cesena, impugnare la condanna a 2 anni e 10 mesi nel processo sui festini, a base di cocaina e sesso alla presenza di una minore, di Villa Inferno. Un atto depositato ieri dall’avvocato Donata Malmusi dove vengono rigettate le ricostruzioni della sentenza di primo grado con le accuse di aver indotto l’allora minorenne a prostituirsi all’estero e lo spaccio. "Perché il fatto – secondo il legale – non sussiste in relazione ad entrambe le imputazioni". La droga, in primo luogo: Cresi ha sempre affermato di essere stato un grande consumatore di cocaina ma di non averla mai venduta. Poi il capitolo Villa Inferno: innanzitutto nell’abitazione di Pianoro di proprietà di Davide Bacci – altro imputato, ha patteggiato – l’ex parrucchiere non ci mise piede, cosa accertata anche dalle indagini. Nei guai vi finì per aver visto in un paio di occasioni la minorenne – una volta nell’abitazione del parrucchiere con la sua ex fidanzata – che si presentò sotto l’effetto di droga. In quelle circostanze, secondo le accuse, Cresi l’avrebbe invitata ad andare negli Emirati Arabi a prostituirsi e le avrebbe ceduto cocaina. Tesi rimandate al mittente. "Non si comprende – continua l’atto di appello – come il giudice, che ha assolto gli altri imputati dall’induzione alla prostituzione, anche chi la frequentò a Villa Inferno, abbia condannato Cresi".

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