Villa Inferno e i festini a Bologna, l'indagato: "Ecco da chi compravo cocaina"

Villa Inferno, l’imprenditore ha risposto alle domande di gip e pm. "Chiedo scusa alla testimone per cosa ho fatto al ristorante"

L’avvocato Matteo Murgo difende l’imprenditore di 46 anni indagato

L’avvocato Matteo Murgo difende l’imprenditore di 46 anni indagato

Bologna, 24 novembre 2021 - "Mi dispiace per quello che ho fatto nel ristorante. Chiedo scusa alla testimone". S. M. appare provato. Da cinque giorni ai domiciliari, l’indagato del capitolo terzo di Villa Inferno risponde però a tutte le domande, nell’ora e mezza fitta davanti al gip Alberto Ziroldi, per l’interrogatorio di garanzia, alla presenza anche del sostituto procuratore Stefano Dambruoso, titolare dell’inchiesta. Difeso dall’avvocato Matteo Murgo, il quarantaseienne immobiliarista e volto noto delle notti nei locali della Bologna da bere ha spiegato la sua versione dei fatti, in relazione alle accuse di favoreggiamento della prostituzione e spaccio, alla base della sua misura cautelare. Un resoconto iniziato dal decesso di un amico sportivo dell’indagato, avvenuto nel dicembre 2017, in relazione al quale il quarantaseienne è stato iscritto per morte a seguito di altro reato, dopo che una delle testimoni ascoltate dai carabinieri nel corso delle indagini ha riferito di aver saputo che quella sera S. M. e l’amico si erano visti e il primo aveva consegnato all’altro della coca. "Quella sera ero in un altro locale e ho saputo solo dopo, per telefono, della morte di B.", ha spiegato l’indagato.

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Che ha anche ammesso di aver consumato, in altre circostanze, coca con l’amico morto. Ma non quella tragica sera, negando la cessione. In merito agli altri addebiti relativi agli stupefacenti, l’indagato ha spiegato come si sviluppavano le serate, "in cui si comprava la coca, ma in modiche quantità, per un consumo di gruppo, e se ne divideva la spesa", avrebbe riferito al giudice; "Non ho mai spacciato", ha ribadito. Riferendo invece, nel dettaglio, sulle persone e i luoghi dove comprava la coca. Il pm Dambruoso ha poi chiesto a S. M. del suo rapporto con Davide Bacci, imputato principale del primo filone di Villa Inferno (e proprietario della abitazione di Pianoro che dà il nome all’indagine). I due, ha riassunto l’indagato, si conoscevano per questioni lavorative e nella serata riferita dalla testimone nel villino non ci sarebbe stato alcun festino. Le ragazzine minorenni notate dalla testimone quella sera, ha precisato al gip il quarantaseienne, erano infatti la figlia di Bacci e le sue amiche.

Pure sull’accusa di favoreggiamento della prostituzione S. M. ha risposto: ha spiegato della circostanza in cui avrebbe fornito il numero di una escort a un amico assicuratore. Una prostituta che offriva prestazioni sul sito Bakeka Incontri e che non sarebbe stata solita frequentare il locale che nel 2017 gestiva sui Colli, illustrando anche come funziovano le cene lì. Il pm, infine, in relazione all’accusa di intralcio alla giustizia, ha voluto sapere il perché di alcune chiamate fatte dal quarantaseienne ad altrettanti conoscenti sentiti nell’ambito dell’inchiesta dai carabinieri. "Telefonate avvenute dopo, non prima delle audizioni", ha precisato l’avvocato Murgo. "Il mio cliente, malgrado sia molto provato, ha risposto a tutte le domande del gip e del pm. Sulle accuse di spaccio ha definito la cadenza temporale e i quantitativi acquistati nelle circostanze contestate, riconducendoli a un uso di gruppo". L’avvocato Murgo ha già presentato istanza al Riesame per la revoca dei domiciliari.

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