
Un villaggio di oltre tremila anni fa è stato scoperto nella zona di Santa Maria Villiana e gli scavi stanno restituendo reperti di eccezionale importanza storica e scientifica. Nel mese di settembre si è tenuta la prima campagna di scavi archeologici nel sito protostorico di Monte della Croce, attorno ai 900 metri di quota. Le ricerche sono dirette dal professor Claudio Cavazzuti e co-dirette dal professor Cristiano Putzolu, entrambi archeologi del Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna. Gli scavi, a cui hanno partecipato circa venti studenti dell’Alma Mater, hanno messo in luce strutture abitative e monumentali fortificazioni risalenti alla tarda età del Bronzo (XII-XI secolo avanti Cristo), oltre che reperti di grande pregio, come armi e ornamenti in bronzo, vasellame, utensili in vario materiale e perle d’ambra. I materiali testimoniano l’importanza del sito e la sua centralità rispetto alle vie di percorrenza transappenniniche durante gli ultimi secoli del secondo millennio avanti Cristo. Dopo una fase di abbandono, l’insediamento fu rioccupato in epoca etrusca (IV-III sec. a.C.) per poi cessare definitivamente.
Il sito era noto già dalla fine dell’800, ma non era mai stato indagato approfonditamente. Nonostante sia stato avviato solo quest’anno, lo scavo di Monte della Croce ha già restituito evidenze eccezionali che integrano il quadro ancora poco noto del popolamento pre-storico in area montana. Le ricerche sul sito e nel territorio circostante, che saranno interrotte durante la stagione invernale, si protrarranno per almeno altri due anni. "Fortificazioni risalenti a questa epoca non sono note in nessun altro sito dell’Appennino tosco-emiliano – spiega il professor Cavazzuti –. Mentre attorno al 1100 avanti Cristo le popolazioni terramaricole di pianura collassavano, quella della montagna sembrano più resilienti. Dal prosieguo degli scavi ci aspettiamo di trovare un insediamento terrazzato con un’area rituale alla sommità, una sorta di acropoli che domina le vallate del Reno e del Panaro".
Tutti i reperti ritrovati sono al momento custoditi in un deposito, ma se le prossime campagne di scavo saranno altrettanto proficue, in futuro si potrà ipotizzare la loro valorizzazione attraverso l’esposizione degli oggetti. "È un sito interessante – spiega il vicesindaco di Gaggio Montano Maurizio Malavolti –. Ci sono già scuole del territorio che sarebbero interessate alla visita. Come Comune abbiamo sposato l’idea fin da subito e abbiamo raccolto le liberatorie dei proprietari dei terreni su cui insistono gli scavi. Avremmo piacere che i reperti rinvenuti, che devono essere studiati, possano nel futuro prossimo essere visibili e ci daremo da fare per mantenerli in esposizione. Diamo tutta la disponibilità affinché il progetto proceda: è un lavoro di squadra della giunta che, oltre all’assesssore alla cultura Andrea Baldini, ha visto la collaborazione della consigliera comunale di frazione Isabella Taroni. Tutta la frazione ha sposato l’idea e ringraziamo anche i cittadini e la Proloco locale".
Enrico Barbetti
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