Violentata a 7 anni, denunciò lo zio con una lettera Condanna lieve per l’orco, dovrà pagare 10mila euro

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Diecimila euro per chiudere la ’partita’ a titolo di risarcimento del danno: l’aver abusato della nipotina, all’epoca di 7 anni. Denaro per ’cancellare’ quella pena divenuta definitiva, 1 anno e 4 mesi in abbreviato, arrivata a 12 anni dal dramma. Non per i ritardi della giustizia, ma grazie al coraggio della vittima che riuscì a denunciare l’orrore solo al compimento del quindicesimo anno di età attraverso una lettera, divenuta pietra miliare dell’accusa. Oggi il caso è chiuso, la decisione del gup Alberto Gamberini non è stata impugnata dall’imputato chiamato adesso a pagare integralmente gli abusi a quella ex bambina oggi divenuta donna.

Una vicenda portata allo scoperto il 13 marzo 2018 quando la mamma di C. denunciò che nel 2009 la figlia venne violentata dallo zio paterno. "L’ho saputo – dirà il genitore ai carabinieri – grazie a una lettera autografa di mia figlia". Ventitré righe tutte d’un fiato. "Ho sette anni così la vittima –, sto passando il pomeriggio dagli zii". Sul divano c’è lo zio, guarda un film, "mi chiama, mi dice di stendermi accanto a lui". La tv si spegne, "mi dice di avvicinarmi", poi sotto le coperte. "Giuro che non è colpa mia. Lo so", continua lei. L’orrore: "Mi prende la manina... e poi mi obbliga". Nella stanza irrompe la zia, la nipote ha il volto arrossato, che è successo? Il marito spiega che "C. – dirà la sentenza – si era strofinata contro la barba e per tale ragione le si era arrossato il viso". La piccola resta muta, in imbarazzo, consapevole che qualcosa di "inconsueto era accaduto", ma allo stesso tempo "impreparata alla reazione da adottare e il significato da attribuire alla vicenda".

Da quel momento l’episodio diverrà "il suo segreto". Tenterà di raccontarlo alla sorella più grande: ma sei sicura? Lo zio non farebbe mai cose così. Nel 2011 "un primo disvelamento" con le amichette delle elementari, nel 2013 il "segreto" verrà condiviso con altre amichette di quarta prima di tornare a nasconderlo nella mente fino alla prima liceo. Le destinatarie, adesso, sono cinque compagne di classe, nessuna dubita di una sola virgola del racconto. È il momento della confessione ai genitori, della lettera choc, poi il faccia a faccia con l’orco alla cena di Natale. Lui, scrive il gup, "rispondeva di non ricordare, poi chiedeva scusa". Scatta l’indagine, la vittima viene creduta. Il parente finisce a processo, verrà condannato, la pena sospesa per la sua incensuratezza. Nessun appello, resta l’anno e quattro subordinato però al risarcimento della parte civile (costituita con l’avvocato Rossella Mariuz). Ora pagherà ma nessuno potrà mai dimenticare.

Nicola Bianchi

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