BEATRICE BUSCAROLI
Cronaca

Visioni di pianura con Nicola Nannini

La mostra ’Non è ancora buio’ è curata da Simona Vinci e si tiene nelle due sedi di Cubo e Torre Unipol.

’Notte in grigio azzurro’, olio su tela di Nicola Nannini: una delle opere esposte nella mostra ’Non è ancora buio’ a Cubo e alla Torre Unipol

’Notte in grigio azzurro’, olio su tela di Nicola Nannini: una delle opere esposte nella mostra ’Non è ancora buio’ a Cubo e alla Torre Unipol

Tra il pittore bolognese Nicola Nannini che vive tra Cento e Verona, e la scrittrice Simona Vinci, che vive a Budrio, il dialogo scorre con toni ironici, dolenti, quasi surreali. Difficile capire quanto i due, inchiodati a vivere nella ’bassa’ che entrambi raccontano con toni desolati, scherzino oppure esagerino realtà troppo vissute.

Lui parla di "terra vuota", "luoghi dove non c’è nulla", dove la massima altura è un argine, in cui il territorio è talmente vuoto che sei costretto a riempirlo tu, lei, già vincitrice del Premio Campiello, si descrive come legata a Budrio da "un elastico" che le ha consentito di scappare per poi riportarla docilmente in patria.

Tra loro, i paesaggi di Nannini, visioni diurne e notturne, immagini della terra di cui conversano presentando la mostra che s’inaugura oggi alle 18 al Cubo e fino al 4 ottobre 2025 (’Nicola Nannini. Non è ancora buio’, a cura di Simona Vinci, Torre Unipol e Porta Europa). Il titolo della rassegna evoca propria il momento del crepuscolo, quando la luce s’adombra, ma "non è ancora buio", i confini sfuocano e i paesaggi si perdono nel nulla.

"Cosa sarebbe la notte senza un punto d’osservazione? Cosa sarebbe la notte senza un soggetto che catturi la luce, senza un sostegno che la tenga dritta, viva?" dice Simona Vinci.

Bolognese del 1972, diplomato nella nostra Accademia, Nannini da anni evoca la realtà con sguardo nitido, dividendosi tra l’ampiezza senza fine delle sue vedute e l’acribia fisiognomica dei ritratti. "Poco importa – scrive il critico Ivan Quaroni – se alle origini delle osservazioni dell’artista, ci sono scorci e vedute della piana ferrarese. Quel che più conta è, piuttosto, l’atmosfera stupefatta e sospesa, che potremmo trovare anche in un ipotetico altrove (…) in una qualunque pianura uguale a mille altre". È questa pianura, "così brutta", insiste l’artista, da diventare "bella" con gli edifici abbandonati, i casolari diruti…

"Solo le macchine che passano ti danno la sensazione che la vita ancora ci sia, ma è una vita che scorre, che non si ferma, che non resta", scrive Simona Vinci a margine di un dipinto della serie ’Non è ancora buio’ del 2025, oppure: "Ce ne siamo andati e siamo tornati. E il campo restava ad aspettarci, quando tornavamo la sera", commentando un’elegante villa illuminata dai lampioni, completamente recintata e vuota.

I paesaggi diurni trascorrono sopra le facciate anonime delle casette identiche che sfilano in un’incuria desolante ma, qui e là, appaiono soldati armati, bambini in gita con la maestra di un secolo fa, e ancora, astronauti, sagome eccentriche. "Abbiamo imparato a memoria il colore di ogni singola casa sulla nostra strada, gli intonaci si sono sgretolati sotto i nostri occhi e polveri d’azzurro, giallo e arancione si sono depositate sulla nostra pelle se sotto le unghie", scrive ancora Simona Vinci.

E infine ’L’autobus’, fila ordinata di volti perduti, sacche, borse e giacche, cappotti; un’umanità in cerca di un senso: "Siamo fatti di colore, di buio, di assenze e di storie", conclude la scrittrice.