Bologna, l’ambasciata dà il visto al condannato per stupro. Arrestato in aeroporto

L’uomo fermato dagli agenti della Polaria appena atterrato

La dirigente della Polaria Silvia Fenu con l’ispettore Michele Caldarulo

La dirigente della Polaria Silvia Fenu con l’ispettore Michele Caldarulo

Bologna, 2 dicembre 2018 - L’ambasciata italiana a Casablanca gli aveva concesso un visto turistico, valido per sei mesi. Peccato che Abderrahmane Moussaid, 32 anni, dovesse scontare una condanna di 5 anni, 8 mesi e 6 giorni per violenza sessuale di gruppo continuata, rapina in concorso e lesioni aggravate. E così, appena rimesso piede sul suolo italiano, precisamente all’aeroporto Marconi, gli agenti della polaria gli hanno stretto le manette ai polsi e lo hanno accompagnato alla Dozza.

Il marocchino è atterrato giovedì con un volo da Casablanca. Ai controlli è apparso subito un po’ agitato, sembrava avere fretta e cercava di non incrociare lo sguardo con quello dei poliziotti. Che, appena inserito il nome del trentaduenne nel database, hanno capito il motivo di tanto nervosismo. Appreso che su di lui pendeva una condanna (e non per fatti leggeri) da scontare, lo hanno perquisito. Addosso, nascoste nel portafoglio, aveva delle lamette e pure un rasoio da barbiere nel bagaglio a mano. Che a quanto pare nessuno, alla partenza dal Marocco, aveva controllato. Motivo per cui è stato pure denunciato. Probabilmente l’uomo, espulso nel 2011 dopo 9 mesi di custodia cautelare in carcere per lo stupro di due prostitute, non sapeva neppure che, a marzo 2012, la sua condanna era diventata definitiva. E neppure quando si è presentato in ambasciata la circostanza è saltata fuori. Tanto che visto, documenti e biglietto sono risultati perfettamente in regola.

I fatti gravissimi di cui Moussaid doveva rispondere, in concorso con un coetaneo ghanese, erano avvenuti dieci anni fa, il 18 e 19 dicembre del 2008. Il primo a Crespellano, ai danni di una giovane prostituta albanese. Dopo aver concordato la tariffa per la prestazione, la ragazza era salita in auto con il marocchino. Lui, arrivati in una zona isolata, con una scusa aveva fermato la macchina, era sceso e aveva fatto uscire, dal portabagli, il complice ghanese. I due avevano picchiato e rapinato la donna, per poi stuprarla. Le avevano portato via pure la fede. La stessa dinamica si era ripetuta il giorno dopo, con una prostituta romena, caricata a Porta Lame. La violenza, questa volta, era avvenuta nei giardinetti di via Azzo Gardino. La ragazza, malgrado le botte, era riuscita a memorizzare il numero di targa dell’auto e riferirlo alla polizia che aveva così rintracciato e arrestato i due. Moussaid deve aver pensato che dieci anni bastassero a far perdere la memoria alla polizia. Così non è stato. E potrà riflettere sulla questione alla Dozza, in attesa del prossimo trasferimento in un carcere marocchino.

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