Dopo 26 anni, Rosanna Zecchi ha deciso di cedere il passo. A succedere alla storica presidente nella guida dell’associazione dei famigliari delle vittime della banda della Uno Bianca è stato nominato Alberto Capolungo, insegnante di lettere in pensione, figlio di Pietro, il carabiniere ucciso durante l’assalto dei fratelli Savi all’armeria di via Volturno. La decisione è stata presa nel corso dell’ultima assemblea degli iscritti, dopo che Zecchi aveva proposto l’avvicendamento con il suo vice. "Dopo 26 anni di impegno al vertice – ha spiegato la ormai ex presidente – ho cominciato a sentire il peso di un incarico che non è stato solo onorifico, ma anche di duro impegno lavorativo che, fra l’altro, ha visto la costante presenza a una lunga serie di incontri di rappresentanza, poi i contatti con gli enti pubblici e i vertici delle istituzioni, infine i viaggi a Roma, sempre più lontana con il naturale progredire della mia età anagrafica. Spero di aver fatto tutto il possibile e, talora, anche l’Impossibile. Lascio con serenità e fiducia il comando al mio vice, che conosco come persona capace e disponile e, per giunta, sorretto da una non trascurabile virtù anagrafica".
Capolungo è stato tra i fondatori dell’associazione, già a Rimini e poi a Bologna. È figlio di Pietro, l’ex carabiniere ucciso assieme alla proprietaria dell’armeria Licia Ansaloni in via Volturno il 2 maggio 1991. "Assumo l’incarico – dice Capolungo – con la piena consapevolezza di quanto impegno esso comporti e con l’intento di portare avanti la linea di Rosanna Zecchi, con la quale ho collaborato in totale sintonia per oltre un quarto di secolo". I prossimi momenti salienti dell’associazione saranno la presenza alla cerimonia di conferimento della Turrita d’argento, quest’anno conferito a Rosanna Zecchi assieme a Paolo Bolognesi e a Daria Bonfietti, e la tradizionale giornata commemorativa di tutte le Vittime della Uno Bianca il prossimo 13 ottobre.
Un cambio ai vertici che arriva mentre il lavoro della Digos va avanti spedito, nell’ambito dell’inchiesta bis sulla banda dei fratelli Savi, scaturita dall’esposto presentato da un gruppo di famigliari, tra cui i parenti dei carabinieri Mauro Mitilini, Otello Stefanini e Andrea Moneta, uccisi nella strage del Pilastro il 4 gennaio 1991. Un’indagine che chiede di chiarire chi ci fosse dietro all’Uno Bianca oltre alla banda di poliziotti killer, con i famigliari delle vittime convinti che "non ci sia solo la targa", come ebbe ad affermare, in una frase divenuta tristemente celebre, Fabio Savi. "Sono molto fiducioso rispetto a quanto sta emergendo da questa indagine – spiega Ludovico Mitilini, tra i firmatari dell’esposto –. Accertamenti che vanno nella direzione di ricostruire tutta la verità".