WhatsApp hackerato: "Un inferno lungo 30 ore, i miei dati finiti in Pakistan"

L’odissea di un nostro giornalista: "È cominciato tutto con uno strano messaggio ricevuto da un amico. Poi le chiamate notturne da Londra. Sono furbi e cattivi"

I messaggi ricevuti

I messaggi ricevuti

Bologna, 27 gennaio 2021 - Per trenta ore il mio profilo WhatsApp è stato in mano agli hacker, con ogni probabilità pakistani. Anche io ‘derubato’, come gli altri casi di cui vi raccontiamo. Applicazione bloccata: niente messaggi né videochiamate, niente gruppi dove scambiare un sorriso guardando una foto, niente contatti di lavoro. Isolamento: perché mandare un messaggio di testo o telefonare è diventato ormai desueto.

E se dal punto di vista psicologico quelle trenta ore di blackout mi fanno sentire su una montagna russa – dall’iniziale euforia del silenzio digitale alla crisi d’astinenza di cyber-affetti, fino alla paura per le ripercussioni nel lavoro –, l’effetto finale è quello della disillusione, della frustrazione. Cosa succederà alla mia rubrica e ai miei contatti? E perché siamo così dipendenti dallo schermo nero, anche noi che pensavamo di non esserlo? E, infine, com’è possibile che io sia stato vittima di un attacco hacker, quando pensavo (mai imperfetto fu più adatto) di esserne immune, visto che conosco molti dei trucchi di questi ladri di vita a 4-5 g?

Tutto inizia domenica sera. Sul telefono arriva un messaggino WhatsApp da un caro amico: "Ciao scusa, ti ho inviato un codice a 6 cifre per sms per errore. Puoi trasferirlo a me? É urgente?". Segue emoji, faccina con lacrima. Ed effettivamente arriva l’sms, spedito da un numero italiano, ora in mano alla polizia postale. Passano venti secondi, il messaggio mi pare alquanto strano. E rispondo al mio amico: "E’ un virus o sei tu?". L’amico (già ‘hackerato’) risponde con l’emoji di una macchina fotografica. Capito, penso a un furto (più fisico, che digitale).

Interrompo la conversazione e avverto l’amico su un altro canale, Messenger: e scopre da me che il suo account WhatsApp ora è bloccato. Aveva inserito un codice e per dodici ore non potrà più sbloccare l’app.

Vado a letto sereno. Mi alzo alle due di notte e tutto è regolare. Torno a dormire. Alle 4.51 vengo svegliato da una chiamata: è un numero inglese. Sono addormentato, sì, ma non rispondo. Passano cinque minuti: un’altra chiamata. E di nuovo non rispondo. A quel punto sono sveglio e mi accorgo che ho un nuovo messaggino su WhatsApp. Apro la app, è il ‘solito’ amico hackerato che io, colpevolmente, non ho bloccato: il tempo di visualizzare il messaggio (un bacino via emoji) e mi si apre una schermata che mi chiede un codice a sei cifre per accedere al mio telefono. Quella che ho già visto molte altre volte, quando ho cambiato numero o dispositivo. Contestualmente arriva un messaggio in segreteria telefonica.

Decido quindi di disinstallare WhatsApp e reinstallarla. Penso basterà. Ma la schermata (creata ad arte dagli hacker) c’è ancora, il telefono è bloccato, non mi resta che inserire il codice della segreteria. Nulla da fare, WhatsApp mi dice che dopo dodici ore potrò tornare a cercare di sbloccare l’app. Ancora nulla. Intanto i miei hacker (ora con numeri pakistani) vanno in perlustrazione nei miei gruppi, modificandoli e rimuovendo contatti (da me già avvisati sui social o con sms). Finisce ieri mattina: l’account era stato congelato da WhatsApp, che sa che non mi muovo abitualmente in Pakistan. Una volta fuori gli hacker, con la polizia postale torniamo nella app. Lezione: non sono così ‘sgamato’, loro sono furbi e cattivi. Ma sarebbe bastata l’installazione del pin per la verifica in due passaggi per evitare questo circo. Fatela, la trovate nelle impostazioni privacy. E non avrete un alter ego a Islamabad!

 

 

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