di Massimo Selleri
Nel ricordare la figura del vescovo ausiliare emerito monsignor Ernesto Vecchi, il cardinale Matteo Zuppi cita come esempio il rapporto che si era instaurato tra il prelato bolognese e Marcella di Folco, la storica fondatrice del movimento italiano transessuali. L’occasione è la messa di suffragio, a un anno dalla sua scomparsa, che il cardinale arcivescovo ha celebrato ieri nel Santuario della Beata Vergine di San Luca.
Il flashback risale ai primi anni 2000, quando Vecchi scopre che la Di Folco è una persona di fede e vuole andarla a trovare, ma è la trans, già malata, a dire che sarà lei ad andare in Curia, incontro che poi avvenne proprio negli uffici di via Altabella. Nel 2010 l’attivista scompare e l’allora vescovo ausiliare di Bologna si presenta alla camera ardente allestita a Palazzo d’Accursio, dopo aver chiesto e ottenuto il permesso dal cardinal Caffarra. "Il fatto che fosse stata Marcella a recarsi da lui lo colpì molto. Il nostro don Ernesto – spiega Zuppi – era una persona molto obbediente che credeva in modo rigoroso al principio che la Chiesa non è madre di qualcuno, ma è la madre di tutti e si deve occupare di tutti. Questo lo portava a voler agire sempre in raccordo con il suo vescovo, in uno spirito di obbedienza che anche io ho sperimentato. In privato ci siamo confrontati e non sempre la pensavamo allo stesso modo, ma alla prova dei fatti la cosa più importante per lui era lavorare in linea con la Chiesa per il bene della comunità".
Sebbene di lui si possano raccontare tanti aneddoti, dalle omelie dove qua e là compariva qualche espressione dialettale, al suo essere un inossidabile tifoso del Bologna o al suo leggere oggi giorno la rassegna stampa due principali quotidiani, che considerava una "breviario laico", resterà sempre il prete che portò sotto le Due Torri Bob Dylan, facendolo cantare e pregare davanti a Papa Giovanni Paolo II durante il Congresso Eucaristico Nazionale. "Era il 1997 – conclude il cardinale arcivescovo – e per quell’incontro venne anche criticato. Come dice il cantautore, però, il senso di quella presenza va cercata nel vento, ma non nel vento che disperde e che divide, ma in quel soffio che ci porta ad arrivare dalle parti più disparate e a ritrovarci tutti insieme attorno all’eucarestia". Sulla sua scrivania teneva la fotografia della Chiesa del Cuore Immacolato di Maria, la sua prima parrocchia, un po’ come don Camillo teneva un ramo di pioppo in ufficio nel suo esilio vaticano. Lo spirito era lo stesso: dietro una scorza apparentemente dura si nascondeva la volontà di essere sempre vicini alla gente.