Bologna, 2 agosto. La storia di Camilla: "Le mie parole nel silenzio"

Camilla Vecchi, 17 anni da Reggio, è la più giovane degli 85 narratori del 'Cantiere 2 agosto' e ‘interpreta’ una delle vittime: la 34enne Katia Bertasi

2 agosto, Camilla Vecchi è la più giovane dei narratori

2 agosto, Camilla Vecchi è la più giovane dei narratori

Bologna, 1 agosto 2017 - Dall'Irlanda, dalle voci di un pullman di ragazzi che sta rientrando dalla vacanze, il 2.8.1980 sembra un allegro logaritmo anziché la data di una tragedia. E quando la voce che ti arriva attraverso il cellulare è quella di Camilla Vecchi, di Reggio Emilia («Proprio del centro»), 17 anni il prossimo 24 agosto, stenti a credere che tra poche ore ci sarà anche lei fra gli 85 narratori del Cantiere 2 agosto, impegnati nella maratona per le 85 vittime di quella macelleria. Anzi, non solo uno dei narratori, ma la più giovane di tutti, femmine e maschi. Perché Camilla comincia apertamente, gaiamente, spiegando che «faccio parte di un’associazione teatrale della mia città, si chiama Mamimò, e voglio fare l’attrice, sicché mi attrae la possibilità di esprimermi in pubblico». È la forza dei giovanissimi, che captano le Memorie Grandi solo se si legano alle loro passioni personali. Ascoltiamoli.

A parte il piacere di recitare in pubblico, perché ha deciso di partecipare a questo ricordo collettivo?

«Naturalmente – risponde Camilla – io allora non ero nata, in casa mi hanno raccontato che quella mattina mio papà doveva prendere il treno a Bologna, solo che la sveglia non suonò, lui si addormentò, e così non andò alla stazione, sennò non xi sarebbe più».

Come si immagina quei momenti terribili?

«Quando ho iniziato a documentarmi sull’attentato mi ha subito colpito il fatto che tra le vittime ci fossero dei bambini. Se provo a figurarmi l’attimo della strage penso a un silenzio totale che cala sulla città. Del resto, il silenzio è il punto centrale del testo che ho preparato».

Quale delle vittime ha scelto?

«Veramente non ho scelto, io ho mandato la mia mail troppo tardi, dopo che al nostro gruppo teatrale era arrivato l’invito della Regione. Così sono stata messa in lista d’attesa, e alla fine mi è stata assegnata Katia Bertasi».

Chi era?

«Aveva 34 anni ed era nata in provincia di Rovigo. Era ragioniera, sposata con due figli, e lavorava negli uffici del bar ristorante della stazione. Al momento dello scoppio era lì. Nel mio testo, di 3 minuti e mezzo, io l’ho vista come una donna metodica, che mentre lavorava pensava al marito e ai figli a casa, a tutto quello che la aspettava nella giornata finito il lavoro. Il mio piccolo copione l’ho intitolato ‘Ho mille cose da fa...’, appunto perché la bomba ha fermato, interrotto la vita, le riflessioni, i desideri di questa donna normale, e dopo la pausa ho fatto come se i suoi pensieri tornassero a scorrere, i figli, il marito, l’uscita dall’ufficio, una pizza».

Il regista Matteo Belli ha apprezzato il suo testo?

«Sì, ci siamo incontrati tre volte, purtroppo io avevo anche le vacanze e non ho partecipato a tutte le riunioni».

Quanto l’ha turbata questa storia?

«Mentre scrivevo ho pianto, mi sono commossa, spero che non mi capiti domani. Comunque, ho imparato tutto per bene a memoria. E poi mi accompagneranno due o tre amiche».

Dove farà la sua narrazione?

«Nell’atrio, all’angolo della tabaccheria».

E i suoi coetanei si interessano della strage, la ricordano?

«Io faccio il liceo magistrale nella mia città, a scuola nessuno ci ha mai parlato di cose del genere, sappiamo poco, ci viene spiegato troppo poco».

E chissà perché, adesso la voce che arriva dall’Irlanda è meno argentina. Sempre squillante, ma come incrinata, sospesa, mentre si torna in Italia e la data è fra un giorno.

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