Bologna, 10 giugno 2025 – Forse la chiave del fenomeno-Vasco l’aveva capita prima di tutti Pier Vittorio Tondelli. “Negli anni Ottanta – considera Guido Magnisi, amico del rocker ancora prima che suo avvocato storico – diceva che non si può andare a un concerto di Vasco ed essere in meno di cinquantamila. C’è una coralità in questi eventi, una sorta di comunione con il pubblico”. E ancora una volta il doppio live al Dall’Ara di domani e giovedì per il Tour Duemilaventicinque torna a essere un rito collettivo, in uno stadio che “gli fa più paura che altri posti. Perché sa che lì c’è l’impatto con il suo territorio”.
Magnisi, penalista bolognese, Vasco lo conosce bene. E non solo per averlo assistito negli anni dal punto di vista professionale, ma trovandosi spesso anche sotto il palco. “A Bibione mi ha fatto una sorpresa – dice –. Ero nel parterre e durante ‘Siamo solo noi’, mi ha fatto ridere ed emozionare dicendo: ‘Un applauso all’avvocato Magnisi’”.

Magnisi, chi è Vasco per lei?
“Comincerei dalla fine, da Bibione, dove c’è stata la data zero. Quello che mi ha sorpreso di questa ultima versione di Vasco è che ha ripetuto molte volte le parole ‘vita’ e ‘vivere’. Uno spettacolo che sprizza gioia di vivere, in cui l’io diventa un ‘noi’. In un mondo di orrore, c’è un interprete 73enne proiettato nel futuro: un messaggio molto bello. Ma soprattutto ai concerti non so mai se guardare lui o il pubblico, spettacolo nello spettacolo. Non sono tanti gli artisti che raggiungono una osmosi con le persone così grande”.
Al Dall’Ara in effetti c’è un popolo di ogni età.
“Diciamolo pure brutalmente, ci sono bambini di sei anni e persone più anziane di me e Vasco! C’è una generazione totale: dal bimbo che canticchia, all’anziano in giacca e cravatta che trova ottimismo e giovinezza in quelle canzoni”.
Perché secondo lei?
“Perché si coniuga il grande rock con testi imponenti, che renderebbero in maniera esplosiva anche solo con chitarra acustica. Sono cantautoriali, un termine che lui pretende per se stesso e, oggi, sono pure più improntati all’ottimismo: ‘Vita spericolata’ è un gioiello incastonato in un momento difficile, dove però il saluto finale è sempre ’ce la farete tutti’. Il suo complice è il pubblico. E poi ci sono rare, vecchie amicizie consolidate. E io lo vivo come un privilegio”.
Com’è la vostra amicizia?
“Facciamo lavori molto diversi e non c’è continuità di vita vissuta. Ma abbiamo una continuità di dialogo stupefacente. Vasco dice che è merito mio, ma secondo me è suo”.
Quando vi siete conosciuti?
“Era il ‘77/’78, quando lui aveva uno stile alla Jannacci che mi divertiva molto, gli anni di ‘Colpa di Alfredo’. Poi ci sono state vicende di carattere giudiziario che hanno stretto la nostra vita, ma oggi mi sembrano più un pretesto di amicizia che doveva comunque nascere. Sono argomenti felicemente chiusi”.
Avete condiviso molto: ci racconta un momento bello e uno difficile?
“Quelli difficili per lui sono noti. Ma, ad esempio, il periodo della detenzione a Pesaro lo ha vissuto molto a livello umano. Un dramma sì, ma ha sempre detto che gli è servita come esperienza. Per quanto riguarda i momenti belli... la nascita del mio primogenito. Arrivò alla clinica universitaria di Bologna per portare fiori a mia moglie e le infermiere abbandonarono le loro postazioni di lavoro in una sorta di tripudio. Era il 1985”.
La sua canzone preferita?
“’Vivere’ è una perla. Ma sono tante, alcuni messaggi sono in anticipo sui tempi. Albachiara ha un tema di una dolcezza infinita. ‘Vita spericolata’ e ‘Sally’ toccano temi anche ‘scabrosi’, ma con un garbo incredibile. Sono canzoni immortali”.
Un pregio e un difetto di Vasco?
“Riesce a comprimere, e sempre di più, un suo egocentrismo. Poi c’è il perfezionismo, che è positivo, ma in negativo diventa un’esigenza di ‘dominare’ i suoi collaboratori: però poi si avverte che lo spettacolo è il frutto del continuo lavorio di duecento persone. E lui, bene o male, la sua la dice sempre. Quello che mi piace, di un’amicizia, è anche rendere umana una persona molto celebre. Vasco è persona umana con le sue sbavature, che però sono geniali”.