AMALIA APICELLA
Cultura e spettacoli

Lodo Guenzi: “Shakespeare, la mia scommessa”

Da venerdì 17 gennaio nella sua Bologna con ’Molto rumore per nulla’. “Sul palco mi sento protetto, ma temo mia madre in sala”

Lodo Guenzi in un grande classico come ’Molto rumore per nulla’ assieme a Sara Putignano

Lodo Guenzi in un grande classico come ’Molto rumore per nulla’ assieme a Sara Putignano

Bologna, 17 gennaio 2025 – “Affrontare Shakespeare è un’operazione articolata e prestigiosa. Non ho l’angoscia di affrancarmi dall’immagine della ’vecchia che balla’, grazie al cielo c’è stata lei. Ma per riuscire a raccontare che sei anche altro, devi accettare le scommesse”. Frontman dello Stato Sociale, in Molto rumore per nulla Lodo Guenzi è Benedetto, protagonista della commedia di Shakespeare assieme a Sara Putignano, nei panni di Beatrice. Non solo intrighi e giochi di parole, la pièce “è caratterizzata da una comicità ironica e d’effetto, ma nel testo risiedono anche riflessioni ben più complesse – ha spiegato la regista Veronica Cruciani –: come gli uomini e le donne vengano trattati in modo differente all’interno della società”. Lo spettacolo va in scena al teatro Duse di Bologna da stasera a domenica (alle 21, dopodomani alle 16).

Lodo Guenzi, non aveva affrontato un testo di Shakespeare neanche in Accademia. Come si è avvicinato al personaggio?

“In maniera irresponsabile e al tempo stesso timida. Sara Putignano aveva già affrontato il testo e io mi sono completamente affidato a lei. Per un senso del dovere kantiano e inspiegabile, ha deciso di accompagnarmi in questo viaggio. Dopo due mesi di tournée ho capito il 30% di quello che dico”.

In che senso?

“La scrittura di Shakespeare ha un primo livello molto diretto e tanti altri che scendono in profondità. È immediata la comprensione dell’intreccio amoroso, ma dopo diverse repliche mi sembra che il testo parli anche dell’impossibilità di uscire dalle dinamiche dei rapporti di potere, che diventano rapporti di genere. Quella che emerge è una società nella quale chi ha potere fa in modo che le cose non cambino mai e chi non ne ha, tendenzialmente le guardie, i servi – tutti coloro che possiedono meno capacità – sono quelli che muovono realmente gli eventi della vicenda”.

Quale altro messaggio veicola Shakespeare tra quelli più profondi?

“Quelli che arrivano a me sono l’impossibilità dei 35enni di saper dire ti amo. La tendenza di chi parla tanto a non dire la verità. Il potere della calunnia e il fatto che ci sia una forte forma di attrazione che ci porta verso i luoghi che sappiamo ci faranno molto male”.

Come si sente per le repliche al Duse, a casa sua?

“Il problema è che vengono i miei genitori. Il palco è l’unico posto del mondo in cui mi senta protetto, tranne se c’è mia madre a guardarmi...”.

È critica?

“Non per quello, ma mi sono accorto che temevo di andare in televisione perché mi avrebbe visto lei e mi avrebbe visto chi mi odia, cosa che invece a teatro non succede per banali questioni di biglietto d’ingresso. Lo spettacolo migliora di replica in replica e pensare che mia madre, mio padre e i miei amici non vedano il meglio possibile, un po’ mi dispiace”.

Dopo la scomparsa di Matteo Romagnoli (produttore e manager dello Stato Sociale) ha detto di dover capire a che punto fosse la band. È riuscito a capirlo?

“Non ne ho idea, posso rispondere per me. La sensazione è quella che hai da bambino quando devi imparare ad andare in bicicletta senza rotelle. Questa è la mia vita degli ultimi due anni. Ho avuto dei periodi in cui le persone più vicine a me mi sono state molto vicine, come nella prima fase in cui andavo senza rotelle e mio padre mi ricorreva per i giardini Margherita tenendo una mano sotto al sellino. Adesso vado da solo, ma perdo l’equilibrio alcune volte”.

Come si inserisce l’esperienza teatrale in questo contesto?

“Pronunciando le parole di Shakespeare non mi domando se quello che ho scritto abbia, ancora oggi, un senso, come poteva avercelo ieri. Significa stare lontano dal luogo in cui ogni singola frase, ogni singola nota o intonazione, mi ricorda momenti passati in un studiolo verde di Medicina (nel Bolognese, ndr), in cui immaginavamo fortissimo un palasport pieno anni prima che potesse accadere. Questo è quello che facevamo Matteo, io e gli altri”.