Libri, la prostituzione e il modello abolizionista

'Stupro a pagamento, la verità sulla prostituzione' dell'attivista Rachel Moran presentato a Bologna

Rachel Moran, a destra (Dire)

Rachel Moran, a destra (Dire)

Bologna, 27 novembre 2018 - "Nude, sotto il caldo afoso a 40 gradi con gli ombrellini, mentre leggevano il telefono aspettando che arrivasse qualcuno. La polizia che passava ma non faceva niente ", queste le parole con cui la giornalista Julie Bindel ha descritto una scena vista nel nostro paese, parole con cui ha aperto il suo intervento all’incontro in Sala Tassinari sul libro 'Stupro a pagamento, la verità sulla prostituzione' scritto da Rachel Moran.

Parole forti che aprono gli occhi. "Pensare di regolamentare la prostituzione, pensare che possa fare qualcosa per risolvere il problema è pura follia", ha proseguito in un crescendo di intensità nel descrivere dettagliatamente fatti e situazioni di paesi in cui la prostituzione è già regolamentata. Danimarca, Svizzera, Nuova Zelanda, Germania "sono in una sorta di selvaggio west dove non c’è nessuna regola".

Il modello adottato in Nuova Zelanda ha comportato un aumento delle malattie e pratiche sempre più rischiose. "A Ginevra ci sono delle strutture in cui gli uomini arrivano con la macchina per incontrare le prostitute e poi vanno via - ha proseguito Bindel -. Questo è costato 750.000 euro. Immaginiamo a quante donne potremmo offrire una via d’uscita con tutti questi soldi"

Anche la stessa autrice del libro, Rachel Moran, presidente di Space International,  ha sottolineato quanto la regolamentazione della prostituzione sia una trappola. "In Germania gli sfruttatori portano donne in condizioni di estrema povertà e terrorizzate provenienti dall’Ungheria e dalla Romania. Il rapimento è un reato, ma queste donne hanno il terrore di denunciare. Lo sfruttamento della prostituzione quindi dal 2002 è diventato un business. Se voi legalizzate questo sistema, voi create una sorta di legge dello stato. Le donne quindi saranno sottoposte a qualsiasi violenza con l’approvazione statale. La polizia non potrà fare niente e pagherete tutti e tutte per questo".

In Australia una prostituta che è entrata in contatto con lei le ha raccontato di aver chiesto aiuto allo stato, di aver chiesto di venire fuori dalla prostituzione. "I servizi sociali le hanno risposto che non ha diritto a niente perché è regolare. Ed ora è imprigionata in un bordello. E’ costretta a rimanere lì anche se chiede di uscire".

Il libro promuove il modello abolizionista già adottato a vario titolo in Svezia, Canada e Irlanda. Questo prevede provvedimenti che perseguono i clienti e promuovono programmi di aiuto per le prostitute. "Quando mi trovavo nel distretto a luci rossi - ha raccontato Rachel - ed ero costretta a vedere da sei ai dieci uomini al giorno, se qualcuno mi avesse detto 'Rachel ti aiutiamo a trovare lavoro, ti paghiamo l’affitto per un periodo' io sarei letteralmente 'morta' dietro a questa offerta. Quello che bisogna capire è che ci vuole un approccio multi strato. Occorre capire in che momento si trova una donna nella sua vita. Ci sono varie esigenze e donne diverse. Quello che mi colpisce è che se noi normalizziamo la prostituzione, le donne passeranno per degli oggetti e di questo devono essere preparati tutti poiché tutte le donne saranno considerate così. Dobbiamo lottare tutti contro questo".

Al convegno si sono susseguiti numerosi interventi tra cui Giovanna Camertoni di ArciLesbica nazionale, Ilaria Baldini, resistenza femminista. Tra le istituzioni erano presenti Simonetta Saliera presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, Giulia Di Girolamo, consigliera comunale e la senatrice Caterina Bini: "C’è chi dice che se si regolarizza come hanno fatto in Olanda alla fine possono organizzarsi in cooperative libere, avere più controlli sanitari e pagare le tasse. All’inizio questa cosa può sembrare vera, ma dobbiamo guardare le dichiarazione del governo olandese e tedesco. Guardiamo i dati dello sfruttamento in quei paesi: sono i più alti in tutta Europa. Perché dietro quelle donne in vetrina o donne in case chiuse ci sono sfruttatori, violenze non cooperative. Se c’è un modello migliore che le libera dallo sfruttamento ben venga ma non possiamo fare finta che il problema non esista".

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