Marcello Fois: "Bologna stavolta si merita un giallo"

Lo scrittore ambienta il suo nuovo romanzo interamente in città. "Arrivai qui dalla Sardegna per poter studiare con Ezio Raimondi"

Marcello Fois sta scrivendo il primo libro ambientato interamente a Bologna

Marcello Fois sta scrivendo il primo libro ambientato interamente a Bologna

Bologna, 15 marzo 2021 - In questo tempo di pandemia ammette che lui non si può lamentare "Ho un piccolo giardino interno nella mia casa di via Pietralata – racconta lo scrittore Marcello Fois – dove ho piantato un albero di mele cotogne proprio come aveva mia nonna nel suo cortile di Nuoro. Coltivo rose gialle e alloro, ho sistemato un gazebo. Con due figli e un cane quello spazio è diventato essenziale".

Fois abita lì da quindici anni ("prima con mia moglie stavamo in via de’ Coltelli dove c’era la Fonoprint – ricorda –. Avevo tutti i giorni Morandi e Dalla sotto casa") e ci si trova benissimo.

"Ho Licia Gianquinto a fianco, Silvia Avallone di fronte, Alex Boschetti poco lontano. Siamo una piccola comunità di scrittori come nel quartiere parigino del Marais".

Fois, nuorese, 61 anni, premiato autore di libri fortunati come Memorie del vuoto e Nel tempo di mezzo , si è trasferito a Bologna ai tempi dell’università.  

Come mai questa scelta? "Avevo fatto il primo anno di Medicina a Sassari ma non ero contento. Scoprii che a Bologna si apriva la prima facoltà di italianistica e non ci pensai due volte. Sono stato uno dei primi allievi di Ezio Raimondi in via Zamboni 32 e mi sono laureato con lui. Poi ho conosciuto mia moglie Paola, ho cominciato a lavorare all’Archiginnasio, ho fatto il professore precario e ho iniziato a scrivere. Nel ‘92 ho vinto il premio Calvino e lì è iniziato tutto". Se dovesse trovare un pregio e un difetto a questa città? "Coinciderebbero. Bologna è contemporaneamente umile e presuntuosa e questo non è un paradosso. È una città che si bea delle proprie conquiste senza capire a volte che quelle conquiste vanno coltivate perché non si può campare di rendita. Detto questo, non c’è un altro posto dove vorrei stare. Il mio è il lamento dell’innamorato". Com’è la giornata tipo di uno scrittore? "Vorrei citare Conrad quando diceva che lo sforzo più duro era convincere sua moglie che lui lavorava anche quando guardava fuori dalla finestra. Non ho tempi precisi e non faccio scalette. Scrivo quando ho superato la fase di ragionamento che può essere molto lunga. Io poi mi dedico anche all’insegnamento: ora faccio corsi di scrittura alla Belleville di Milano, prima ero alla Holden di Torino". Perché siamo città di tanti scrittori? "Per ragioni storiche. Qui c’è stata una generazione di autori capeggiata da Loriano Macchiavelli che non si è chiusa la porta alle spalle e ha favorito la crescita dei ragazzi. Ci sono stati personaggi-chiave che hanno prodotto un’onda. È un peccato che non si sia riusciti a realizzare una casa della scrittura o un vero festival letterario". È vero che sta scrivendo il suo primo romanzo interamente ambientato a Bologna? "Sì, è un noir e ha come protagonista il commissario Sergio Streggio. È un personaggio che avevo inventato in un altro libro ambientato a Bolzano . Adesso Streggio torna a Bologna per il funerale del padre che era ispettore capo in pensione della polizia e si trova tra le mani un caso irrisolto. La vicenda è ambientato ai giorni nostri, prima del Covid, e ho pensato di mandare ad abitare il mio commissario dalle parti di via Massarenti ". Nel frattempo però sta per uscire un suo nuovo libro. "S’intitola L’invenzione degli italiani ed è una sorta di saggio di letteratura politica. Si tratta di un excursus nella storia del nostro Paese che cerca di analizzare il luogo comune degli italiani ‘brava gente’". A Bologna c’è una numerosa colonia di sardi. La frequenta? "La frequento criticamente. Con alcuni mi trovo molto bene, con altri meno perché riproducono quei difetti che tanti anni fa mi hanno convinto ad andarmene dall’isola. La cosa buffa è che i sardi lontani dalla Sardegna sono compatti a difendere la loro terra mentre a casa propria sono campanilisti, pedanti e perennemente in trincea". Gli studenti sono la grande risorsa di questa città? "Sono il nostro prodotto interno lordo da trattare con dignità pretendendo in cambio da loro la civiltà che merita Bologna".  

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