Bologna, 9 agosto 2024 – È una nuova tendenza mondiale e Bologna ne fa parte, ma non è proprio un bel primato. Lo sanno i bolognesi, che sono diventati insofferenti come i veneziani, e lo scrive il New York Times in questi giorni, trattando il tema del cosiddetto ‘overtourism’, ovvero del "sovraffollamento turistico" e definendo la nostra città “a tourist hell”, un "inferno turistico". Che segue la tradizione di alcune città italiane, Venezia, Firenze e Milano in testa (Roma dopo tutto è più grande) e di quelle europee come Barcellona, Amsterdam, Parigi.
C’è anche una intensa letteratura sul concetto di ‘overtourism’, che sostanzialmente descrive destinazioni in cui "host o ospiti, gente del posto o visitatori, ritengono che ci siano troppi visitatori e che la qualità della vita nella zona o la qualità dell’esperienza sia peggiorata in modo inaccettabile".
È l’opposto del turismo responsabile "che consiste nell’usare il turismo per creare posti migliori in cui vivere e posti migliori da visitare". Ed è incredibile che Bologna ci sia cascata dentro, pare voler sottolineare la giornalista Ilaria Maria Sala, che per il New York Times ha ripercorso in punta di penna, con un affresco davvero efficace dedicato in particolar modo alla mortadella, la metamorfosi accaduta all’ombra delle Due Torri negli ultimi dieci anni.
Basta dare un’occhiata all’illustrazione di Ismael Picardi che correda l’articolo, per capire come i bolognesi vedono ormai il loro centro: del resto anche Sala vive a Bologna ed è per questo che ha una memoria di cosa fosse prima del cambio di rotta e di economia, prima dell’avvento della ‘City of Food’ e delle relative facilitazioni turistiche, la sua Bologna. Che in inglese, ahinoi, sta a indicare in tutto il mondo proprio la mortadella.
Nomen omen, è proprio il caso di dire. "Le compagnie aeree low cost, i noleggi a breve termine e i social media hanno cambiato tutto – scrive la giornalista –. In questi giorni Bologna è sulla buona strada per diventare città turistica in piena regola", nel senso di una di quelle principali da evitare. "Alcuni degli effetti di ciò sono stati tipici – prosegue – come i proprietari immobiliari che hanno convertito gli appartamenti in affitti a breve termine, che hanno aumentato i canoni e inviato gli studenti più lontano dall’università e nelle città più piccole della periferia. Ma un risultato è stato molto particolare per Bologna: il consumo di quantità di mortadella. Sconvolgente, da fermare il cuore".
Tutto questo, tra le stradine del centro storico prese d’assalto da tavolini e grupponi di turisti (anche la visita turistica ha subito una metamorfosi, da una decina di persone condotte da una guida ad almeno una trentina, come si può ben osservare in questi giorni tra piazza Maggiore e il Pavaglione), lo si sa bene e lo si è anche benedetto all’inizio. I bolognesi, tutto sommato, si sono chiesti spesso, negli ultimi trent’anni, perché qui non si vedevano tutti i turisti che c’erano altrove, nonostante le bellezze della Dotta.
Poi è successo ed è iniziata la malinconia. "Il centro è cambiato completamente – afferma Sala -. Nelle strade attorno alla storica piazza principale c’erano molte vecchie cartolerie: una delle preferite vendeva penne stilografiche, inchiostri di ogni colore e tutti i quaderni rilegati a mano che si possano sognare. Era lì da quando ricordo, ma recentemente è stato trasformato in una "Antica macelleria di salumi".
Morale, conclude l’articolo del New York Times , la città che dal XIII secolo è conosciuta come ‘La Dotta’, ‘La Turrita’ e ‘La Grassa’ sembra aver fatto piazza pulita delle sue prime due caratteristiche: "Per secoli ‘La Dotta, ‘La Turrita’ e ‘La Grassa’ erano in perfetta armonia – scrive il quotidiano –. Ora gli studenti sono stati sradicati (dal centro; ndr) e la torre (Garisenda; ndr) ha seri problemi. ‘La Grassa’ regna sovrana".