"Pupi Avati. Sogni Incubi Visioni". Stralci dal libro

Quel pranzo in campagna: "Memorie di liti e amori"

I fratelli Avati sotto i portici a Bologna (foto Schicchi)

I fratelli Avati sotto i portici a Bologna (foto Schicchi)

Bologna, 23 luglio 2019 - Esce un nuovo libro pubblicato da Edizioni Cineteca di Bologna: “Pupi Avati. Sogni Incubi Visioni” scritto da Andrea Maioli, giornalista de “il Resto del Carlino”. Ecco uno stralcio dal capitolo “L’altroieri” (La memoria)

«Il cinema sa, come e più della letteratura, ricondurti nelle stagioni già distanti e irrecuperabili della tua vita, sa farti reincontrare i tuoi amici e i tuoi nemici, sa far sì che quella ragazza che non ne voleva sapere si innamori di te. E lo sa fare in modo convincente, scapicollandosi dal più remoto passato al più incerto futuro, senza obiezioni o censure... Se faccio il cinema è anche per questo, per rivivere la seconda volta eventi che nel ripensarli so che meritavano una sosta, un indugio. Mi sa far incontrare persone alle quali non dissi quello che ora vorrei dire loro... Alcuni di questi titoli mi sono profondamente cari, alcuni sono ancora capaci di commuovermi, di restituirmi alla luce di quel set, allo sguardo della troupe tutt’intorno che seguiva emozionata la ripresa. Alcuni film furono misteriosamente ‘magici’. Ma lo so solo io quali e almeno questo piccolo segreto intendo riservarmelo». Pupi Avati

Storia di ragazzi e di ragazze

«Il rito è in tavola. Nel cinema degli Avati è il momento imprescindibile. Il punto di ritrovo dove si tirano le somme, il punto di non ritorno, in certi casi. Tavole lunghe, di casa, di campagna, che uniscono famiglie di opposte classi sociali e dove si cerca un’armonia difficilmente conquistabile. Tavole da imbandire e preparare per riportare l’ordine della luce prima che le ombre prendano il sopravvento (Il nascondiglio), tavole che dovrebbero sancire la festa ma che mettono in risalto solo la solitudine (Il cuore grande delle ragazze)...Tavole dove tutto si conclude (Le strelle nel fosso). La tavola – grande, imponente, di legno solido come usava nelle case contadine, ferita da cicatrici lasciate da cibo e coltelli – è la protagonista vera di Storia di ragazzi e di ragazze: fa accomodare intorno a sé tutti gli attori e assiste muta, come una antica dea riesumata dalla polvere dei millenni, al gioco al massacro degli esseri umani. In questo film che viene presentato non senza rammarico fuori concorso a Venezia (ma raccoglie Nastri d’argento, David e Ciak d’oro), una delle icone ricorrenti nel cinema avatiano trova l’apice... I due fratelli sintetizzano così la storia nel pressbook: «Il film racconta la storia del fidanzamento fra un ragazzo di Bologna di nome Angelo e una ragazza di Porretta Terme di nome Silvia. La ‘cerimonia’ si svolse nella casa della famiglia di lei, quindi in campagna, nel mese di febbraio dell’anno 1936...». 

Oltre alla tavola, l’altro monolite è il casale in pietra isolato sui monti (il set praticamente unico è Casa Malpasso a Marzolara, località Castel di Casio, provincia di Bologna, a 550 metri di altezza). Una sorta di nonluogo da film western, una casa nella prateria di John Ford dove, se apri la porta e butti lo sguardo verso l’esterno in asse con la macchina da presa, ti aspetti di vedere cavalcare gli indiani e non un prete che sopraggiunge su una bicicletta scalcagnata. Il calesse con il cavallo comunque c’è. Dentro questo buio ventre materno si assiste all’incontro-scontro fra due mondi, con una parete invisibile che per tutto l’arco della vicenda sembra frapporsi tra i due nuclei famigliari...

Tra una portata e l’altra la festa, come già accaduto in occasione di quella di laurea, degenera, i nodi vengono al pettine, le ipocrisie si svelano, i tradimenti si affacciano... Però ci sono anche dei bambini, che nel cinema di Avati diventano ‘messaggeri’.

A volte possono essere apparizioni inquietanti, come quella bimba vestita da sposa e con un enorme paio di occhiali da sole neri che si aggira nella campagna, altre volte vedono cose che gli adulti non sanno più vedere... E quei bambini che corrono a perdifiato giù per la collina e sentono gli angeli che volano assieme a loro, mettono la parola fine a un film la cui ultima immagine è un bosco buio e antico, avvolto finalmente in un silenzio che ha annientato le voci e le grida degli esseri umani. Il sentimento panico di una natura che assiste indifferente alla corsa dell’uomo verso la sua fine».

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro