Reggia di Caserta, la rivoluzione di Felicori. "Scardinato il quieto vivere"

Accusato dai sindacati di lavorare troppo, il direttore ha ottenuto risultati significativi: 650mila visitatori (+30%). Obiettivo 1 milione

Mauro Felicori (foto Schicchi)

Mauro Felicori (foto Schicchi)

Bologna, 17 ottobre 2016 - Da un anno ha in mano le chiavi della Versailles italiana. Mauro Felicori – bolognese, 64 anni, per trenta al Comune di Bologna come dirigente, settore cultura – dall’8 ottobre 2015 è il direttore della Reggia di Caserta. La più grande residenza reale al mondo, voluta dai Borbone, dal 1997 è bene patrimonio dell’Unesco. Un luogo "addormentato nel suo splendore", è stato scritto. Felicori ha suonato la sveglia. Appena arrivato, viene accusato da solerti sindacalisti di lavorare troppo. Lui – dirigente pubblico di severa formazione comunista – fa spallucce e continua a non badare ai propri orari. Il caso finisce su tutte le prime pagine, le accuse vengono ritirate. Con tanto di scuse. Felicori la spiega così: "Con me finiva il quieto vivere, si cambiava passo. E a qualcuno non andava bene".

Da allora, è stato un susseguirsi di piccolo ‘scosse’. L’ultima, poche settimane fa: lo sgombero di alcune famiglie che, da anni, abitavano abusivamente in alloggi all’interno del parco reale. Il messaggio è chiaro: si vuole invertire un’inerzia che, a causa di inefficienze e gestioni a dir poco distratte, aveva condannato la Reggia a essere un luogo di cui, ammette Felicori, "si parlava solo poco e male". Un patrimonio dell’umanità "che non conosceva nessuno". Un anno dopo, tentiamo un primo bilancio. "Beh, oggi della Reggia si parla dappertutto. E bene". Come c’è riuscito? "Lavorando. E comunicando meglio le cose che facciamo, con i mezzi di oggi: Facebook, Twitter, Instagram". Risultati? "Chiudiamo quest’anno con il 30% di visitatori in più. Dai 490mila del 2015 saliamo a 650mila". Obiettivo finale del suo mandato? "Un milione di visitatori. Quando l’ho comunicato a Matteo Renzi, mi ha risposto: ‘Sia ambizioso, punti ai due milioni’". E lei? "Gli ho detto: ‘Mi faccia un contratto di otto anni, invece che di quattro, e vedrà". Con un +30% può dirsi soddisfatto. "È un buon risultato. Ma partivamo da zero. Versailles fa sette milioni di visitatori. Abbiamo enormi margini di crescita". Eppure, per qualcuno lei si dà troppo da fare. "Se potessi non dormire, non dormirei. Sono un direttore da marciapiede. Se devo vedere il sindaco, lo incontro al bar. Molti, qui a Caserta, mi dicono: ‘È il primo direttore della Reggia che conosciamo’". Non tutti gradiscono. "C’è chi ha cercato di difendere un clima di concertazione che, nella generale inefficienza, veniva comodo. Io ho scardinato il quieto vivere. Perché sono convinto che l’inizio di una nuova stagione del Sud comporti una certa battaglia culturale. E quando vedo atteggiamenti che non aiutano la Reggia, combatto". Si sarà fatto qualche nemico. "Ci sono quelli che mi osteggiano, e non sempre lealmente. Pazienza. Non cerco voti e non ho futuro: finito il mandato, me ne vado a giocare a tressette". Dei 230 dipendenti, quanti sono con lei? "La grande maggioranza. Si comincia, finalmente, a vedere l’orgoglio di lavorare alla Reggia. E il fatto che io sia lì, tutti i giorni, aiuta". Prima non era così? "La Reggia era, di fatto, parte del Polo museale di Napoli. A Caserta, il direttore si vedeva solo ogni tanto. Si finiva così per trascurare anche le piccole cose. Quando sono arrivato, per connettersi a Facebook bisognava aspettare il pomeriggio, perché non c’era abbastanza rete". C’è qualcosa di cui non è ancora soddisfatto? "Nel funzionamento dell’ordinario ho raccolto meno di quel che avrei voluto. Ci sono spazi ancora chiusi, il teatro all’aperto da sistemare. E poi i pochi bagni, le pulizie, la manutenzione del verde…". Come mai si va a rilento? "Le aziende culturali sono fatte di persone. E le persone cambiano lentamente. Ma si vedono piccoli miglioramenti". Un sogno nel cassetto? "Sono convinto che i beni culturali possano essere la locomotiva di un territorio. Spero, un giorno, grazie all’aumento di fatturato, di potere dire di avere fatto la prima assunzione di un giovane alla Reggia".

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