Bologna, città che legge. Romano Montroni: "Imbattibili nella cultura"

Il ‘libraio più famoso d’Italia’ ospite della nostra newsletter. "Il turismo sarà la chiave del futuro. Ma la viabilità è tutta da ripensare"

Romano Montroni (foto Serra)

Romano Montroni - libraio, gestore di librerie organizzatore di eventi letterari (Photo by Roberto Serra / Iguana)

Bologna, 4 marzo 2021 - Lo hanno definito il libraio più famoso d’Italia ma lui, Romano Montroni, racconta di essere cresciuto in una casa senza libri. "Vengo da una famiglia modesta – spiega l’inventore della Feltrinelli di piazza Ravegnana, il deus ex machina dell’Ambasciatori di via Orefici –. Papà era vigile urbano e la mamma casalinga. Abitavamo in un palazzone dell’Ina di nove piani in via Rimesse e la cosa che ancora ricordo sono i ritrovi con gli inquilini nel prato di casa. Una meravigliosa idea di condivisione".

Oggi Romano ha 81 anni e ricopre ancora parecchie cariche come quelle di presidente della commissione per la Città del libro e del comitato scientifico del Centro del libro. La sua università è stato il lavoro di aiuto commesso alla libreria Rizzoli in pieno centro.

"E’ stato lì che mi si è aperto un mondo e ho capito che non c’era solo il bar per svagarsi – racconta–. Ho preso un diploma serale perché avevo abbandonato gli studi e ho trovato gente che mi ha aiutato ad acquisire le competenze giuste".

Poi il passaggio al magazzino milanese della Feltrinelli e la grande scommessa di aprire una libreria sotto le Due Torri per conto di quell’editore. "Fu Giangiacomo, che nel frattempo avevo conosciuto, a chiedermelo. Abbiamo passato pomeriggi con lui e il sindaco Zangheri a contare le persone che passavano in piazza Ravegnana per capire la fattibilità dell’operazione. Zangheri ci teneva molto".  

Quale lezione ha imparato in quel periodo? "A diventare un uomo del fare. Inge Feltrinelli, ad esempio, era un vulcano. Ho aperto 55 libreria in Italia e ogni volta lei ha organizzato una grande festa per quella città. Ho capito che per affrontare quel mestiere servono preparazione, qualità e cortesia. E che una libreria vive se diventa un centro di confronto fra la gente". Poi è venuto l’Ambasciatori? "Una grande sfida. Tredici anni fa accostare cibo di qualità e letteratura destò scandalo. Con Oscar Farinetti ci dividemmo i metri quadrati: 600 andarono a Italy, 900 a Librerie coop, che poi partì alla conquista dei centri commerciali". Come fanno le librerie a combattere Amazon? "Il deposito Amazon di Piacenza contiene 650mila titoli, una libreria grande può arrivare a 60mila. Come si vince? Con la qualità ma non solo. Le persone sono fondamentali per fare delle librerie un autentico presidio culturale purché siano competenti ed empatiche. Purtroppo i tempi sono cambiati: un tempo erano i giganti ad allevare i nani, adesso a volte sono i nani a imperare. E’ un argomento di cui ho scritto nel mio ultimo libro L’uomo che sussurrava ai lettori ". Come sta la lettura a Bologna? "In Italia abbiamo cinque milioni di lettori forti come gli altri Paesi europei ma quello che ci mancano sono i lettori deboli. A Bologna si legge molto: c’è una media del 48% rispetto allo standard nazionale attorno al 40%. Merito anche di esperienze come le biblioteche all’interno delle scuole e degli asili". Bologna è c ertamente grassa. Ma è ancora dotta? "Come si può dubitarne? Ci sono biblioteche e musei straordinari ma anche una miriade di attività culturali difficilmente rintracciabili altrove. Lo hanno capito i tanti visitatori che erano arrivati prima del Covid. Il turismo è la chiave del futuro". Si è persa la vocazione di Bologna come laboratorio politico nazionale? "Da militante di un tempo, devo ammettere che forse siamo un po’ in ritardo. C’è chi dice che in passato hanno vinto i funzionari sull’entusiasmo dei ragazzi. Non so. A mio avviso manca in Italia una scuola come quella francese capace di valorizzare i talenti politici". Ma glielo vogliamo trovare un difetto a questa città? "Il traffico. Credo vada ripensata la viabilità, si debbano creare più piste ciclabili e serva rivedere i tempi lunghi dei semafori. Sulla cultura, però, siamo inattaccabili. Nessuna città ha luoghi quali Salaborsa o l’Archiginnasio e riesce a realizzare un cinema sotto le stesse in uno scrigno come piazza Maggiore".  

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