Bologna, 25 novembre 2024 - "Proteggete le vostre figlie", recita un slogan. Qualcuno ha avuto il buon senso di cancellare quelle parole scritte su un muro e correggerle. Così ora si legge: "Educate i vostri figli".
Educarli, per Federica Benassi, significa soprattutto insegnare loro l'empatia. Aiutarli “a coltivare relazioni basate sull’amore puro”.
Consulente di famiglia ed educatrice, lavora a Bologna, dove gestisce da 29 anni un asilo nido. Sui social (quasi 100mila follower su Facebook e 20mila su Instagram) si rivolge soprattutto ai genitori: “Tuo figlio non può prenderti il telefono. Come fai? Di’ di no!” oppure “Se gli fai tu i compiti, è come se non gli stessi dando fiducia”

Per la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, Federica Benassi torna in libreria con “L’educazione dei maschi” (Minerva), presentato a Bologna.
Benassi, come nasce l’esigenza di scrivere questo libro?
“Mi sono posta una domanda: come maschi, cresciuti in un’apparente condizione di normalità, si svegliano una mattina e massacrano con 27 coltellate la fidanzata? Ho preso in analisi i casi di cronaca più noti, come i femminicidi di Alessandra Matteuzzi e Giulia Cecchettin, e le situazioni di disagio che ho avuto modo di affrontare nel mio lavoro”.
Ha trovato un minino comune denominatore tra i casi analizzati?
“La mancanza di empatia. Nel caso di Giovanni Padovani, che ha ucciso a martellate sotto casa, a Bologna, l’ex fidanzata alessandra Matteuzzi, mi ha colpito, durante il processo, quella sua calma imperturbabile. Ecco, quello a cui abbiamo assistito si può ridurre alla mancanza di empatia. In famiglia non si sviluppa perché mancano una sana comunicazione e l’ascolto. I ragazzi crescono poveri d’amore, e i fenomeni come bullismo e violenza si fanno sempre più frequenti”.
In che modo si può lavorare a questo deficit educativo?
“Bisogna insegnare ai propri figli a riconoscere, esprimere e gestire le emozioni. In Svezia, per esempio, nelle scuole primarie si insegna l’empatia un’ora alla settimana. In Italia, invece, la scuola è più ‘aggressiva’, sembra quasi un tribunale, con voti e giudizi”.
Come si insegna l’empatia?
“Bisognerebbe iniziare a lavorare sulle emozioni dai tre ai sei anni. In classe, davanti ai compagni, il bambino può raccontare come si è sentito durante la giornata”.
Nel libro riprende un concetto di Paolo Crepet: la società di oggi è fondata sul ‘figliarcato’. Cosa intende?
“Il potere che i figli esercitano sui genitori, quando questi ultimi non riescono a dire loro dei sani ‘no’. Il rapporto diventa una forma di dipendenza e i ragazzi, in questo modo, ai primi ostacoli o ai primi rifiuti - ai primi veri ‘no’ - danno i numeri”.