Sgarbi: "Arcangeli e il tempo che non c’è"

Pubblichiamo un estratto dell’introduzione al volume che raccoglie gli scritti del critico d’arte, curato da Piero Del Giudice

Vittorio Sgarbi

Vittorio Sgarbi

Bologna, 20 settembre 2022 - Un’idea di arte e di storia completamente nuova, nata dalla lezione di Roberto Longhi e poi decollata su ali del tutto originali.  ’Francesco Arcangeli. Saggi per un’altra storia dell’arte. Vol. 1. Da Wiligelmo a Crespi’ (ed. La Nave di Teseo) è il volume che sarà presentto domani alle 18,30 al Teatro Celebrazioni di via Saragozza. Curato da Piero Del Giudice, con l’introduzione di Vittorio Sgarbi che presenterà il libro insieme a Principe Domenico Pallavicino, Vera Fortunati Pietrantonio, Eugenio Riccomini, Anna Maria Matteucci e Adriana Grippiolo.  Piero Del Giudice, allievo di Arcangeli, per anni ha lavorato ad una raccolta organica degli scritti del maestro: lezioni, conferenze, articoli e saggi dispersi, presentandoli per la prima volta in modo organico a formare una ’nuova’ storia dell’arte. Qui pubblichiamo un estratto della prefazione di Vittorio Sgarbi.  

"Arcangeli non era soltanto uno storico dell’arte e un filologo. Era un poeta, un letterato per gusto e inclinazione, e un uomo appassionato e curioso e non poteva consentire che l’arte fosse un mondo separato di scuole e di tendenze, di antico e di moderno, e non solo nella percezione di un’area geografica definita e recuperata, ma nella visione universale di quelli che lui chiamava (sua tipica intuizione critica) “ tramandi” . Cosa sono i tramandi? Sono i fili di pensiero che legano Wiligelmo e Jackson Pollock determinandone una analoga concezione dello spazio, Piero della Francesca e Piet Mondrian , guidati da un analogo ordine mentale, di pure geometrie; e consentono di ritrovare il corpo, l’azione, la fantasia, i sensi, l’umore, l’espressione, come denominatori comuni degli artisti padani. Non è difficile capirlo e avvertire le profonde differenze accostando Giotto , fiorentino, e Vitale da Bologna . Ma se queste illuminazioni e questi collegamenti avevano il potere e la forza di convincerci nelle giornate delle sue memorabili lezioni, Arcangeli non si sarebbe ristretto nei confini della sua regione e della sua città. Ma, a partire da Pollock, scoperto nel 1958 a Roma, avrebbe allargato i suoi orizzonti a una nuova interpretazione di tutta la grande pittura europea, in particolare quella del Romanticismo (termine prima di lui dai confini indeterminati, in pittura se si pensa al prevalere nell’indagine critica, per molti anni, dell’arte francese, da Delacroix a Géricault , agli impressionisti).

A partire dal 1970, quando io mi iscrissi all’università, folgorato dai pensieri di Arcangeli, indirizzai il più dei miei interessi prevalenti dalla sempre amatissima letteratura alla storia dell’arte, Arcangeli dopo l’arte padana iniziò uno scandaglio della grande pittura romantica inglese e tedesca, William Turner , John Constable , Caspar David Friedrich , e della nuova idea di spazio e di paesaggio rispetto all’ideale classico di Nicolas Poussin e Claude Lorrain , non senza orientare la sua attenzione sui visionari, attenti allo stato interiore, Johann Heinrich Füssli , William Blake e Francisco Goya . Non contento, le sue lezioni, conservando i tramandi fra Turner e Pollock, tracciavano l’inedito percorso “dal Romanticismo all’Informale ”. Dalla concezione aperta di Arcangeli deriva la certezza che la storia dell’arte non è una dialettica di passato e presente, ma un continuum che rende Giotto e Pablo Picasso equivalenti (autori non frequentati da Arcangeli, mossi dallo stesso intendimento, di interpretazione moderna della realtà, in una visione integrata).

La stessa modernità è una condizione interiore, non un passaggio storico. Nell’arte il tempo non esiste. Esistono, propriamente, i tramandi. Potremmo dire che Mondrian è più moderno di Piero della Francesca, che Gustave Courbet è più moderno di Caravaggio? Francesco Arcangeli non è stato uno storico dell’arte antica, è stato un interprete dello spirito dell’arte. E non si è risparmiato come critico militante, cercando le urgenze della pittura informale, in quelli che chiamava “gli ultimi naturalisti ”, Ennio Morlotti , Pompilio Mandelli , Vasco Bendini , il primo Sergio Vacchi , Mattia Moreni , indicando la vitalità della pittura come esigenza prima, non sottraendosi alle polemiche dei profeti dell’arte povera, i nuovi- nuovi, gli iperrealisti. La posizione della vita fu, tradendolo e umiliandolo per l’insofferenza agli accostamenti con Pollock e Jean Fautrier, Giorgio Morandi che, con Longhi, fu il suo secondo padre, troppo duro e severo. Ne derivarono traumi critici, incertezze, nevrosi, depressioni e anche atti scomposti con esiti penosi. Poi, dopo il 1970, con la morte di Roberto Longhi, la liberazione, l’emancipazione intellettuale definitiva, la contrapposizione ad Arcangeli depresso di un Arcangeli euforico, la cui passione si colorava di erotismo. Ma, purtroppo, nel 1974 morì. Nel saggio del 1948 Picasso voce recitante lasciò un elenco dei grandi maestri del Novecento che vale la pena di riprodurre per comprendere la chiarezza delle idee di questo critico italiano: Klee, Soutine, Matisse, Morandi, Bonnard, Carrà, Braque, Rouault, Utrillo, Modigliani, de Pisis, Chagal".

 

 

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