Andrea Segrè: "Bologna pronta allo Ius cibi. Cittadinanza alimentare per lo spreco zero"

Oggi consigliere speciale del sindaco, lascia il Caab: "Dieci anni di soddisfazioni. Fico? Ha preso una direzione un po’ diversa dall’idea originaria"

Andrea Segrè e il suo nuovo libro edito da Castelvecchi

Andrea Segrè e il suo nuovo libro edito da Castelvecchi

Bologna, 28 giugno 2022 - Bologna sarà apripista per lo Ius soli, ma non solo. Il professore dell’Università di Bologna Andrea Segrè, neo consigliere speciale del sindaco per le politiche alimentari, teorico dello spreco zero e fondatore di Last minute market, guarda avanti. E scommette su una Bologna città del cibo e dei diritti. Primo passo, dopo la cittadinanza onoraria agli stranieri entrata nello statuto del Comune, lo Ius cibi.

Che cosa intende?

"Bologna è la città del cibo, perché non partire da qui per concedere a tutti quella che chiamo cittadinanza alimentare? Ci provammo con Expo 2015 a inserire il diritto al cibo nella Costituzione, visto che è già nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Credo che qui, sotto le Due Torri che mi hanno adottato, ci siano tutte le condizioni per poter realizzare lo Ius cibi in pratica".

Come si concretizzerà lo Ius cibi?

"Ho coniato il termine con l’obiettivo di garantire a tutti, anche alle fasce più povere, un’alimentazione adeguata, sana e sostenibile. Questo significa ad esempio contrastare lo spreco alimentare, recuperare il cibo a fini solidali, evitare che si butti via anche solo una briciola di pane. Così facendo in Italia si risparmierebbero 10 miliardi di euro all’anno".

Come fare?

"Lavorerò con l’assessore all’Agricoltura e alla Scuola Daniele Ara: per ridare valore al cibo è fondamentale l’educazione alimentare. Per questo obiettivo metteremo in sinergia tutte le realtà che a livello cittadino e metropolitano operano nel sistema agroalimentare e si riconoscono nell’obiettivo".

Lo Ius soli ha avuto un passaggio formale in consiglio comunale con l’inserimento della cittadinanza onoraria nello statuto. Avverrà lo stesso per lo Ius cibi?

"Si tratta di una decisione politica che farà il sindaco con la giunta. C’è già un riconoscimento universale che però non è stato mai messo in pratica: la povertà alimentare è purtroppo globale. Vedremo. Comunque un passaggio politico forte potrà aprire la strada ad altri interventi a livello nazionale e comunitario. E, credo che a differenza dello Ius soli, la cittadinanza alimentare non incontrerà il muro delle opposizioni...".

Con la siccità che mette a rischio l’agricoltura, l’educazione allo ‘spreco zero’ è quasi un obbligo?

"Sprechiamo ogni anno 30 chili di cibo a testa in Italia, 74 chili nel mondo. A livello globale, un terzo di ciò che si produce non viene distribuito sulle nostre tavole: il che genera una produzione di gas climalteranti terza solo a Cina e Usa. Dunque il collegamento fra spreco e riscaldamento globale è evidente".

Oggi presenta il suo nuovo libro L’insostenibile pesantezza dello spreco alimentare (Castelvecchi). Un evento tappa della campagna Spreco Zero nata a Bologna e fondata da lei. La dieta mediterranea ci salverà?

"Con la dieta mediterranea si consumano 1.715 metri cubi d’acqua per abitante, con quella anglosassone 2.600. Basta cambiare alimentazione per risparmiare mille metri cibi d’acqua. Oltre tutto si tratta di una dieta più sana".

In questi ultimi 10 anni ha guidato il Caab. L’esperienza è alla fine?

"Lascio a metà luglio, quando ci sarà l’assemblea che rinnoverà i vertici. Siamo soddisfatti di aver portato la società alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. Abbiamo realizzato un impianto fotovoltaico sul tetto di 110mila metri quadri, il più grande d’Europa, e una delle prime comunità energetiche, poi gli orti per i giovani, i corsi con le Ausl sull’educazione ambientale che hanno coinvolto 15mila studenti. E poi siamo arrivati alla sicurezza di bilancio, ripagando il debito acceso col Comune e investendo in una nuova area mercatale più efficiente. Insomma, una straordinaria esperienza sia umana sia professionale".

Qual è, invece, il bilancio su Fico, il parco agroalimentare nato nel 2017?

"Il suo nome originario era ‘Cittadella del cibo e della sostenibilità’. Doveva essere un parco tematico dedicato all’educazione alimentare dei più giovani. Poi, essendo sostenuto da investimenti privati, è chiaro che c’era la necessità di mettere in piedi una parte commerciale. Negli anni l’idea originaria ha preso una direzione un po’ diversa, poi è arrivato il Covid e Fico ha avuto un duro colpo come tutte le attività economiche".

Tornasse indietro porterebbe avanti l’idea?

"Sì. In un’ottica pubblica quello che abbiamo fatto ha un senso. E mi auguro che il nuovo restyling a misura di famiglia funzioni quando i flussi dall’estero riprenderanno. Mi auguro anche, però, che su lavoro e lavoratori resti la massima attenzione. Leggere di difficili relazioni sindacali mi addolora profondamente".

 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro